11 Novembre 2013, 07:39
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L’uomo delle stelle è tornato sulla terra. Ha chiesto frutta fresca e sushi – come racconta la moglie emozionata – e si prepara a riabbracciare i suoi. E’ finito il tempo della sospensione lassù, accorciato dall’invio di foto, filmati e messaggini: i segni di un celeste interlocutore che ci invitava a guardare il cielo ogni sera, per scoprire un puntino diverso. Il resto è banalissima cronaca. La navetta russa Soyuz è atterrata nel cuore della steppa del Kazakistan, con l’astronauta siciliano dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), il comandante russo Fyodor Yurchikhin, l’astronauta americana Karen Nyberg e la torcia olimpica dei giochi invernali in programma nel febbraio 2014 in Russia, a Sochi.
Sono stati sei mesi di viaggio. All’inizio, noi terrestri bisognosi di fede, buoni selvaggi in cerca di un’altra perlina colorata, avevamo accolto la notizia con entusiasmo. Specialmente noi siciliani, conterranei dell’esploratore galattico. Poi, perfino la spedizione stellare era naufragata nella banalità dei tweet, nel solito, nell’ammosciata virtualità che segna le nostre occasioni. Cosa c’è? Chi, Parmitano? Vabbè, passa sulla Rai che danno un posto al sole. E pure la nostra casa vista da lì sembrava normale, routinaria, meno affascinante di uno stato di facebook con la narrazione delle gesta del criceto guerriero che abbiamo confinato in giardino.
Eppure, ogni partenza conserva un’emozione primordiale che la noia non uccide mai. Il senso del distacco, la modifica dello spazio e del tempo con altre coordinate. Vale per i treni che continuano a staccarsi dalla banchina delle stazione, con quel groppo di malinconia e di libertà. Vale di più per l’uomo che chiude la porta dietro le spalle e si precipita nel cosmo. Questo diario sentimentale del viaggio è forse il dono più importante che Luca riporta quaggiù, con un monito silenzioso: lasciate perdere il cellulare e non smettete di guardare il cielo.
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11 Novembre 2013, 07:39