10 Novembre 2014, 21:12
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CATANIA – Un duplice delitto senza cadaveri. L’omicidio di Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso è rimasto un giallo almeno per due anni. Nel 2012, però, la svolta investigativa arrivata grazie all’utilizzo del luminol e all’intuito dei carabinieri e dei Ris, ha portato a scoprire il presunto assassino. Rosario Grasso da mesi affronta un processo per omicidio davanti alla Corte d’Assise di Catania. Il proprietario dell’Akis, agriturismo di Aci Sant’Antonio dove le vittime sono state uccise e mai ritrovate, è stato ascoltato durante il dibattimento. Un lungo interrogatorio quello del pm che ha ripercorso quella misteriosa notte del 21 febbraio del 2011.
La versione dell’imputato è che ad uccidere sarebbero state tre persone che sono entrate all’improvviso all’agriturismo, proprio quando Francesco Grasso e Giuseppe Spampinato stavano discutendo con il titolare del locale della restituzione di soldi e di vari eventi che volevano organizzare all’Akis. “Sono entrate tre persone,- racconta in udienza – a me mi hanno tirato e strattonato e mi hanno buttato all’angolo”. I tre sarebbero stati armati, uno avrebbe spinto Grasso all’angolo e gli avrebbe puntato una pistola, e poi sarebbe partito un colpo. Un solo colpo di pistola che avrebbe centrato solo una delle vittime, perchè l’altro sarebbe stato colpito da un corpo contundente, “forse – secondo l’imputato – il calcio di una pistola”.
Il pm chiede ogni minino dettaglio su posizioni, porte, – tutto comparato al grande fascicolo fotografico acquisito nel procedimento – movimenti. E poi chiede lumi sul perchè nessuno ha sentito il colpo di pistola. Per il titolare dell’Akis, quel colpo poteva essere scambiato per il rumore di una pirofila d’acciaio che cadeva. Versione che non convince l’accusa, che scava sul seguito del delitto: Grasso non dimentichiamo all’inizio disse di non sapere nulla, poi davanti alle prove schiaccianti diede un’altra versione e cioè che quella sera si erano presentati tre killer all’Akis. L’imputato aveva ripulito tutto con “candeggina e acido” e aveva fatto sparire tutte le tracce di sangue. Aveva paura, lo avrebbero minacciato “di uccidere” lui e tutta la famiglia. Le tracce però che non sono sfuggite al luminol.
L’accusa passa al setaccio anche le intercettazioni in carcere durante i colloqui con la moglie ed il figlio all’istituto penitenziario di Caltagirone. Conversazioni in cui Grasso fa riferimento “a quel gruppo di persone” per colpa dei quali “poteva farsi 20 anni di carcere”. L’imputato glissa sulle domande: “Non ricordo, ma sa quando si è in carcere si dicono cose…”. Il pm ha ripercorso anche un particolare incontro che Grasso ha avuto durante il trasferimento da Caltagirone a Catanzaro, dove ha incontrato lo zio di una delle vittime. In una intercettazione viene fuori che l’imputato “riceve un bigliettino” proprio da lui. A questo messaggio risponde – da come afferma l’imputato in azienda – a voce, parlando dalla finestra della cella.
Per la procura il duplice delitto dell’Akis è un caso di lupara bianca e i due corpi sono stati carbonizzati. Tutto sarebbe maturato all’interno della criminalità organizzta: Grasso e Spampinato erano legate al Clan dei Laudani. L’Akis era frequentato da persone di vertice di Cosa Nostra, tra cui anche Ercolano.
La difesa nel suo esame ribadisce il fatto che le due vittime erano andati all’Akis quella sera per ricevere la rata del prestito che avevano concesso – e non era il primo – a Rosario Grasso. Il titolare dell’Akis aveva “molti problemi economici” e per questo si era rivolto ai due.
Il processo continua domani: saranno ascoltati i primi testi della difesa. Al bando degli interrogatori alcune donne che conoscevano le vittime.
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10 Novembre 2014, 21:12