29 Ottobre 2019, 19:26
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Onorevole, tanto per sdrammatizzare, ma lei ha insegnato a Di Maio il significato dell’espressione palermitana ‘Miiii lignate’?
“Ma così partiamo male…”. E poi, Giorgio Trizzino, deputato pentastellato, siciliano e palermitano, si fa una grassa risata, lui che è magrissimo. E’ sempre stato un uomo dotato di ironia. E Dio solo sa quanto sia necessario un approccio leggero, un balsamo sulle cicatrici, tra Pd e M5S, dopo ‘le legnate’ (politiche e metaforiche) delle elezioni umbre.
Onorevole Trizzino, è stata una catastrofe?
“No, una catastrofe no. Ma, tutti insieme con il Pd, avremmo dovuto cimentarci in una occasione più propizia. Bisognava preparare l’accordo con più cura e lavorarci meglio”.
Un j’accuse il suo?
“Mai. Si parla solo per spirito costruttivo”.
Progetto da abbandonare quello della vicinanza con i democratici?
“Al contrario, penso che indietro non si possa tornare, perfezionando il percorso. E sa perché?”.
Forse stiamo per saperlo.
“Perché gli schemi tradizionali non vanno più bene. Siamo in una Nuova Repubblica. La gente non è più fedele alle cose del passato, ha una consapevolezza diversa e vuole risposte concrete, vere, necessarie. Noi dobbiamo migliorare”.
In che cosa?
“L’idea meravigliosa del Movimento era quello di introdurre le competenze, il merito, persone che sapessero dare delle risposte, perché potevano farlo. Un cammino rimasto incompiuto.Così tornano a galla i voti di pancia, quando sarebbe utile intercettare il dialogo. Non i voti, il dialogo”.
Un altro j’accuse.
“Mai e poi mai. Il Movimento ha cambiato l’agenda politica del Paese ed è un valore storico indiscusso. Oggi abbiamo una classe dirigente per una porzione non all’altezza. E dobbiamo riflettere sul punto, riaprendo i porti, se mi passa la battuta, alla competenza”.
E Di Maio?
“Lo affermo con la massima serenità e non da ora. Dobbiamo dividere il ruolo politico da quello operativo, vale per tutti. Per quanto uno possa essere Superman, è impossibile fare bene entrambe le cose. Solo Salvini ci è riuscito, ma perché lui è stato esclusivamente capo politico e un bluff al ministero”.
Come sta il Movimento in Sicilia?
“Non sono attrezzato per risponderle. Si sono create delle distanze con il gruppo regionale. Forse per colpa della mia autonomia di pensiero e della mia libertà. Sì, ora che ci penso è stata tutta colpa mia”.
A Roma?
“Siamo un po’ in attesa del messia, che si sblocchino decisioni, che si riparta con l’organizzazione. Magari con un congresso fondativo che ci porti dentro un’altra entità, un’area vasta che occupi uno spazio più grande”.
Col Pd?
“Anche col Pd, certo”.
Lei non ha ruoli di governo, eppure era stato presentato come il fiore all’occhiello dei pentastellati siciliani durante la campagna elettorale.
“Non è mai stata una questione di poltrona per me, ma di valorizzazione delle competenze, come sottolineavo. Certo, mi sento un po’ tradito, sarebbe ipocrita non dirlo, perché ero stato chiamato per contribuire con la mia esperienza come altri”.
E allora?
“E allora i talenti sono come le flotte, non puoi tenerli sempre in porto”.
Ci risiamo con il porto. Altrimenti?
“Altrimenti ti affondano”.
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29 Ottobre 2019, 19:26