Ma allora è una rivolta? | No è una rivoluzione

di

06 Novembre 2011, 07:58

2 min di lettura

La nostra Martina Miliani è stata in Tunisia a seguirne i mutamenti e il processo che è sgorgato dal sangue di un ragazzo. Occasione ghiotta per raccontare il cambiamento e per tracciare un ponte tra noi e loro. Anzi, tra noi e il mondo di fuori che si ribella. Chiese un re stupido: “Ma allora è una rivolta?”. Gli risposero: “No, maestà, è una rivoluzione”. E fu l’inizio della fine. Odiamo la violenza. E pensiamo che dal pugno dato in faccia al potere non scaturisca alcuna bella notizia possibile. Ne sono convinti anche i nostri due ospiti che indicano nella solidarietà e nel dialogo le scale utili per dare l’assalto al cielo. Se nel rovesciamento della tirannia è consuetudine che ci scappi il morto, nell’abbattimento di una pessima democrazia non c’è affatto bisogno dell’esito cruento. Basta acquisire coscienza di sé e del proprio ruolo di cittadini, non di “gente”, categoria di idioti, messa a punto per la televisione.

Tira aria di rivoluzione perfino in Sicilia, propaggine incatenata del pianeta, di solito renitente alle chiassate di piazza, al repentino scatto in alto della testa. C’è, perché le condizioni di vita individuali lambiscono ormai una faticosa sopravvivenza. Perché Palermo è una città da film horror. Perché i servizi non sono efficienti. Perché gli ospedali sono disseminati di buoni propositi e macerie. Eppure, forse, non basterebbe nemmeno tutto questo sfacelo. Noi siciliani siamo perfette bestie da soma, aggiogate al carro di una speranza infondata. Oggi, manca per l’appunto una visione anche folle del futuro. Latita il domani. La scarsezza di mezzi del presente è nulla, nella sua eco di terrore, se commisurata all’oscurità del cammino appena dietro l’angolo.

Articoli Correlati

Sì, tira aria di rivoluzione in una terra sonnolenta, egoista e pigra. Però si stempera nel pozzo di una rabbia vacua fine a se stessa. Si accontenta della mani agitate per inutili accensioni dell’animo. Si scioglie nell’invettiva da comari del paesino. Questo racconto di adesso è uno sguardo altrove, tenendo fermo il rifiuto della violenza che sempre genera un cazzotto reazionario contrario e uguale. Ai confini del mare e oltre soffia un vento che scombina e sconvolge. E’ arrivata l’ora di bussare, con delicatezza, alla porta dei nostri vecchi re?

(foto di Martina Miliani)

Pubblicato il

06 Novembre 2011, 07:58

Condividi sui social