09 Agosto 2009, 16:09
2 min di lettura
Non siamo mai stati teneri con questa amministrazione, perché le imputiamo una buona parte di colpe e i nostri lettori lo sanno. Se Palermo è una città morta o moribonda – nella sua cultura, nelle sue strade, nei suoi spazi e perfino nei suoi cimiteri – sul banco degli imputati devono esserci per forza il sindaco pro tempore e la sua giunta. Per il momento, poi, l’esecrazione nei confronti di Diego Cammarata è un’operazione giornalisticamente facile. C’è un bersaglio grosso, gli spari, applausi del pubblico. Guarda caso lo stesso pubblico che ha rieletto il sindaco che adesso vorrebbe divorare. Come mai? E’ la stessa generazione di palermitani che sta attraversando, trascinando i piedi, le strade deserte di una città fantasma. Con rassegnazione e senza memoria, capace solo di bestemmiare alla luna per maledire un orizzonte di cui tutti siamo responsabili.
Il tema qui non è la scarsa capacità di sindaco e giunta, che diamo per ampiamente dimostrata. Il vero tema che dovrebbe preoccupare Palermo è l’assenza di una classe politica, la latitanza di un fremito civile, la totale dimenticanza di un periodo di fervore che, non a caso, fu battezzato “Primavera”, l’incapacità di rendere il riscatto merce di scambio quotidiana. Lo abbiamo detto, ci piace picchiare sodo sull’argomento. Un uomo solo al comando (eletto per due volte dai suoi concittadini) non può essere l’alfa e l’omega del disastro. Ci deve essere per forza una compartecipazione collettiva, di azioni sbagliate e omissioni neglette. E l’esempio di questa compartecipazione peggiorativa è lampante, per esempio, nella storia dell’Olivella. Da un lato un’istituzione sorda, che nulla sa inventare, che non sa armonizzare libertà in conflitto (residenti vs festaioli) e perciò interviene male, con la mannaia di una punizione-chiusura indistinta, a prescindere da meriti e demeriti. Dall’altro, una certa genia di palermitani che non rispettano persone e luoghi e che scambiano, addirittura, una allegra adunata di bicchieranti, per un irrinunciabile presidio del libero pensiero. Nel caso, saremmo messi maluccio. A Palermo, i diritti di uno si scontrano fatalmente con le esigenze di un altro. E siccome nessuno sa governare con saggezza i sensi contrapposti, si procede con manciate di sensi unici a casaccio, nel modo peggiore.
Torniamo alla domanda iniziale: ma è tutta colpa di Cammarata? La risposta può diventare spiazzante. E certo qualcuno ci ricorderà che ai tempi di Leoluca Orlando le prospettive erano diverse. Vero. Ma è pur vero che la fetta di società politicamente organizzata che ha partorito Leoluca Orlando non ha saputo rinnovare il suo linguaggio e la sua proposta. Infatti, ha perso.
Pubblicato il
09 Agosto 2009, 16:09