Ma era uno scrittore

di

06 Luglio 2014, 09:24

3 min di lettura

“Forse l’errore stava tutto lì. Era l’errore che tutti gli uomini fanno da sempre. Cercare di mostrarsi forti e sprezzanti e vincitori quando forse basta avere il coraggio di chinare la testa e dire: ho paura” Giorgio Faletti è stato un uomo ed un artista versatile, eclettico: prima cabarettista, poi cantante ed infine scrittore, ma è stato anche molto altro: un uomo dalle molte anime affidate ai personaggi creati durante il proprio percorso di maturazione personale e professionale. Attraverso i loro mille volti è riuscito ad esprimere le proprie contraddizioni, ad assecondare la propria crescita, ad affrontare l’inevitabile trasformazione fino alla realizzazione del suo più grande desiderio: scrivere per vivere pienamente l’uomo che nel frattempo era divenuto senza dimenticare ciò che era stato ed a cui non ha mai voluto rinunciare.

Ci ha permesso di conoscere il suo lato più umano, più intimo, quello che solo i bambini riescono a manifestare senza vergogna ed ipocrisia. La gioia, la curiosità, la freschezza, l’ottimismo dei bambini è un filo conduttore che traspare dalle interviste rilasciate nel corso degli anni alle quali si accompagna una malinconia di fondo, tipica di chi conosce la vita e sa cosa essa chiede in pegno a chiunque: anche agli uomini di successo. L’ho apprezzato maggiormente come scrittore e mi piace ricordarlo così, attraverso la frase che meglio descrive la sua umanità, volutamente filtrata nel rivelare il suo tratto più introspettivo, quello della maturità. Attraverso le sue pagine e, soprattutto, i suoi personaggi, i lettori più sensibili avranno certamente conosciuto un uomo diverso, quasi crepuscolare, lontano dal modello imperante propagandato da chi vuol mercificare ogni sentimento sull’onda emotiva delle tendenze del momento.

Articoli Correlati

Un mondo che sacrifica, isola, relega in un angolo chi, a quel modello, non può adeguarsi perché drammaticamente umano, destinato inevitabilmente a cedere alla propria debolezza, quella più vera, quella di chi ha ancora la forza di guardare dentro di sé prima di cedere dinanzi alla paura; di chi tende a macerarsi nell’immaginazione prima ancora di cedere alla realtà; di chi rivendica il diritto di essere stanco di lottare nella consapevolezza di aver dato tutto e di non essere mai sfuggito alle proprie responsabilità ed ai propri doveri, soprattutto a quelli cui è più difficile far fronte: quelli nei confronti di se stessi prima ancora che degli altri.

Perché è difficile rimanere soli con i propri pensieri, guardare in faccia la coscienza, lì dove si agitano i demoni dai quali si vuol fuggire; è più semplice travestirsi sperando che essi non ci trovino e scappare via, lontano, attraverso labirinti di specchi incapaci di offrire riparo agli affanni; riflessi di un’immagine falsa, inumana che trasforma inesorabilmente in prigionieri all’interno di gabbie dorate attraverso le quali ci si vuol illudere di conoscere il mondo. I lettori più sensibili avranno certamente provato empatia con i suoi personaggi più malinconici; personaggi sempre in divenire, che raramente è possibile inquadrare, catalogare, definire con il taglio netto dell’accetta. Piuttosto, alla sua penna è stato affidato il ritratto di personaggi complessi, sempre in bilico tra il male e la cura, tra i sogni ed i ricordi, tra la speranza e la più cupa disperazione. Uomini capaci di fornire una chiave d’accesso alla loro, ed alla nostra, coscienza, agli angoli più bui, nascosti all’indifferenza dei più; quelli che si esita a far visitare anche a chi ci sta più vicino perché la paura è contagiosa, isola, a sua volta fa paura. Faletti ha dato dimostrazione di non temerla, di essere consapevole del coraggio che occorre per ritrovarsi ad affrontarla offrendo una testimonianza di dignità anche negli ultimi, tragici, momenti della sua vita quando il panico cresce, il respiro si fa sempre più corto, pesante e si desidera solo di smettere di lottare. Forse non è un caso che la frase iniziale sia tratta dal romanzo “Pochi inutili nascondigli”, un titolo che ci insegna che dalla paura non si può nascondere, non si può fuggire, ma occorre affrontarla senza vergogna, nella sua intensa umanità.

Pubblicato il

06 Luglio 2014, 09:24

Condividi sui social