03 Febbraio 2012, 18:42
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“Non stiamo processando il Ros, ma la vicenda legata agli imputati”. La puntualizzazione con piglio del pm Nino Di Matteo arriva in aula mentre la temperatura si scalda. Un avvenimento non insolito in un processo – quello contro Mori e Obinu – in cui la tensione è sempre palpabile. Nessuno degli uomini del raggruppamento operativo speciale riesce a vedere i due imputati seduti al banco senza sentire rabbia e frustrazione al loro interno. Le parole di Di Matteo, tra l’altro, sembrano aver colto quanto poco prima accaduto nei corridoi del tribunale, quando un cronista, a caldo, chiede a un ufficiale del Ros cosa pensasse di questo processo. L’uomo diventa paonazzo, spara un po’ di improperi e dice chiaramente il suo pensiero: “Ci siamo fatti un culo così! Io, il primo compleanno di mio figlio, l’ho festeggiato quando aveva già cinque anni. E ora ci processano pure” dice, prima di lasciarsi andare a un bonario gesto di stizza nei confronti del cronista.
Non è un caso che l’ufficiale usi la prima persona plurale. “Ci processano” dice, anche se lui non è né indagato né, tanto meno, imputato. Perché la sensazione degli uomini dell’Arma è che sul banco degli imputati non ci sia Mario Mori, chiamato a rispondere di un blitz che poteva essere ma che non fu, ma tutto il Raggruppamento operativo speciale. È accaduto con Giuseppe De Donno, che ha rivendicato i meriti del gruppo che ha continuato a combattere quando “tutti se n’erano andati a spasso”. O col tenente colonnello Antonio Damiani, che ha ricevuto un avviso di garanzia in diretta. E, ovviamente, con Mori, quando nelle sue dichiarazioni spontanee ha parlato di un periodo di scoramento seguito alle stragi di Capaci e di come, mentre altri se ne lavavano le mani, il Ros invece ha subito cercato di fare qualcosa.
Una rabbia forse giustificabile, tanto che l’ufficiale dopo poco tempo ha cercato il cronista per chiarire che non aveva nulla contro di lui. “Mori è la persona migliore che ho incontrato nella mia vita” ha detto per spiegare il suo gesto. “Non è la prima persona che me lo dice” ha detto il cronista, chiudendo così un incidente del tutto casuale che svela l’altra faccia della medaglia, quella dei carabinieri che a vedere i loro superiori dietro quel banco soffrono e si sentono sminuiti.
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03 Febbraio 2012, 18:42