“Ma Totò è sempre il capo”

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03 Luglio 2011, 08:29

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Il nome dei Riina non si è mai spento, nel sistema della gerontocrazia mafiosa. Niente, secondo il sociologo Vincenzo Ceruso, può far pensare ad un ritorno dei più vecchi per necessità, per debolezza. L’analisi di Ceruso mostra un passato che non se n’è mai andato.

I Riina continuano a contare. Siamo tornati indietro nel tempo?
“In realtà il tempo non si è mai mosso. Ci sono delle linee di continuità dinastica evidenti e che attraverso le grandi famiglie si perpetuano. Ancora nel 2000 in alcuni nomi come i Lo Bue, i Gariffo, potevamo seguire le tracce di una discendenza che tornava indietro fino ai primi del novecento. Non è che tornare indietro debba stupirci più di tanto, Totò Riina è sempre il boss”.

In un recente articolo sul ‘The economist’, il giornalista, parlando della meritocrazia in Italia diceva con un po’ di ironia: “Perfino le mafie sono gestite da vecchi. Il boss dei corleonesi Bernardo Provenzano aveva 73 anni”.
“All’interno del sistema mafioso la forza è la gerontocrazia. L’autorità di cui si gode è quella che promana dal vertice, è da lì che arriva ogni legittimazione. I corleonesi hanno gruppo dirigente che arriva dalle stragi degli anni ottanta, Messina Denaro compreso. Consideriamo che Gaetano Riina a passato molto tempo a Mazara. Anche Totò passò gran parte della sua latitanza in questo territorio”.

Più che Corleone, la Sicilia occidentale di Mazara sembra divenuta una zona franca?
“C’è un’asse continua, una direttrice strategica, che da queste zone arriva fino a Bagheria, passando per Corleone. Il pentito Contorno (Totuccio, nda) diceva, forse esagerando, che ‘la vera forza è nella provincia’, nell’hinterland. Che, attenzione, non è solo la mafia di campagna. Salvuccio Riina (figlio di Totò, nda) in un’indagine veniva scoperto in rapporti strettissimi con alcuni ingegneri dei salotti bene di Palermo. E non so quanto le indagini possano colpire questa zona grigia, non tanto per l’abilità degli inquirenti, quanto purtroppo per la giurisdizione vigente, che ha reso un reato come il concorso esterno in associazione mafiosa molto difficile da dimostrare. Una pratica però fondamentale per la vita dell’organizzazione”.

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In una delle intercettazioni che hanno portato alle quattro ordinanze di custodia cautelare, Alessandro Correnti diceva a suo cognato Giuseppe Grizzaffi, nipote di Riina: “Se non siamo capaci neanche di avvicinare il gestore della pompa di benzina nel centro di Corleone, è meglio che ci ritiriamo”.
“Non dobbiamo farci ingannare da queste affermazioni. Il pizzo non è una semplice imposizione, è una contrattazione. In un ambiente in cui tutti si conoscono, lo scambio di favori è reciproco. E rimane una delle principali attività, ma è anche molto diversificata. Questa intercettazione sembra piuttosto dirci che il controllo sul territorio è totale: deve andare dall’imprenditore che vince l’appalto pubblico, al benzinaio. Sembra far capire che a Cosa nostra non sfugge nulla”.

Ma anche con questi proventi, qualcuno si lamentava che i tempi fossero piuttosto magri…
“Il pentito Nino Rotolo parlava delle lamentele di una donna della famiglia dei Madonia, della zona San Lorenzo – Resuttana. Famiglia che possiede un patrimonio immenso. La logica è quella di ingannare, di passare per poveracci, mentre i soldi sono riciclati attraverso gli appalti. Ci sono stati dei sequestri di centinaia di migliaia di euro nei confronti di Michele Aiello, vicino ai corleonesi”.

All’interno, sembra però che ci sia molta incomprensione, molta difficoltà a controllare i nuovi rampolli. Gaetano Riina in un’intercettazione dice: “Con queste teste moderne non ci si parla”. Mentre dall’altro lato il motivo per cui ci si rifà ai vecchi nomi per avere legittimazione, non è sintomo di un’incapacità dei nuovi componenti di un’aura di autorità altrettanto importante?
“La difficoltà dei giovani rampolli è più legata alla repressione che le forze dell’ordine esercitano, alla loro capacità di individuare i nuovi capi. Nel tempo poi, ricorrono spesso frasi come quella di Gaetano Riina. Ma i corleonesi hanno forse rispettato le regole prima di salire al potere?”.

Il procuratore capo Francesco Messineo, ha detto in conferenza stampa “Il mio pensiero corre subito a Corleone, che però intendiamoci, non è più quella di tanti anni fa e i suoi cittadini hanno dimostrato una grande apertura nei confronti delle istituzioni”. La società civile corleonese però ha cambiato atteggiamento.
“Anche in Sicilia c’è stata una reazione della società civile. Ci sono stati anni di mobilitazione intensa dopo le stragi. Ma tutto ciò muore se non c’è una continuazione dal punto di vista politico, se non vengono eliminate le connivenze”.

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03 Luglio 2011, 08:29

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