30 Novembre 2018, 12:06
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PALERMO – L’istanza di ricusazione andava accolta. Doveva essere nominato un altro giudice per valutare la posizione di alcuni presunti mafiosi di Brancaccio. La Corte di Cassazione annulla senza rinvio la decisione della Corte d’Appello che aveva rigettato l’istanza di ricusazione del giudice per l’udienza preliminare Guglielmo Nicastro. Hanno avuto ragione gli avvocati Antonio Turrisi, Raffaele Bonsignore e Angelo Barone difensori di Giacomo Teresi, Antonino Marino e Francesco Paolo Clemente. Ciò significa che per loro si dovrà tornare all’udienza preliminare.
Ci sono due situazioni ancora da valutare. La prima è capire se a catena l’annullamento coinvolgerà tutti gli altri 50 imputati. La seconda riguarda la decorrenza dei termini di custodia cautelare. A decidere il rinvio a giudizio dei 53 imputati era stato proprio Nicastro. Secondo i legali, però, avrebbe dovuto astenersi perché egli stesso in precedenza aveva prorogato alcune intercettazioni telefoniche quando si era ancora nella fase delle indagini preliminari.
Il blitz dei poliziotti della Squadra Mobile e dei finanzieri del Gico del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo fecero emergere la capacità di Cosa nostra di condizionare grosse fette della società con minacce, danneggiamenti, estorsioni e furti.
In carcere tornò il boss Pietro Tagliavia, che dagli arresti domiciliari avrebbe dettato legge sul mandamento mafioso di Brancaccio e sulla famiglia di corso dei Mille. Avrebbe gestito il traffico di droga, il sostentamento dei detenuti e dei loro nuclei familiari anche attraverso un ramificato gruppo di imprese del settore degli imballaggi.
Gli investigatori ricostruirono l’organigramma delle famiglie mafiose.Spiccavano le figure di Claudio D’Amore, Bruno Mazzara e Giuseppe Lo Porto, (fratello di Giovanni, l’operatore umanitario sequestrato da Al Qaeda nel 2012 e assassinato tre anni dopo durante un’operazione antiterrorismo degli Usa) tutti collaboratori di Tagliavia; Francesco Paolo Clemente, Francesco Paolo Mandalà, Gaetano Lo Coco, incaricati del controllo delle numerose aziende, tutte intestate a prestanome, utilizzate per realizzare le frodi di natura fiscale, conseguendo il monopolio regionale e una posizione dominante nel restante territorio nazionale nella commercializzazione degli imballaggi industriali; Giuseppe Caserta e Cosimo Geloso, rappresentanti della famiglia di Brancaccio ed infine Giuseppe Mangano, Giuseppe Di Fatta e Antonino Marino, rappresentanti della famiglia mafiosa di Roccella.
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30 Novembre 2018, 12:06