Mafia, parla il pentito Chiarello | Porta Nuova, ecco le armi del clan - Live Sicilia

Mafia, parla il pentito Chiarello | Porta Nuova, ecco le armi del clan

Le armi trovate nel magazzino indicato dal pentito Chiarello

I carabinieri hanno scovato le armi nel quartiere Borgo Nuovo, ma apparterrebbero ai boss del mandamento di Porta Nuova. Si indaga per capire se siano state utilizzate negli ultimi omicidi.

PALERMO – Le armi del clan di Borgo Vecchio errano nascoste in tutt’altra parte della città. Il neo pentito Francesco Chiarello fornisce un riscontro formidabile alle sue dichiarazioni, facendo ritrovare tre pistole. Erano nascoste in un magazzino a Borgo Nuovo, il cui indirizzo viene tenuto riservato. Trapela soltanto, e non è poco, che le pistole sono una calibro 7.65, una calibro 9 a canna corta e una a tamburo. Tutte hanno la matricola abrasa.

Senza l’aiuto del collaboratore di giustizia probabilmente i carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo di Palermo non sarebbero andate a cercarle sotto terra. Erano, infatti, occultate in una sorta di anfratto scavato nel pavimento. È scontato che sono già iniziati gli accertamenti sul titolare del magazzino e sulle armi, su cui potrebbero essere state lasciate impronte o potrebbero esserci le tracce biologiche di chi le ha usate. E le indagini puntano dritto agli omicidi di mafia degli ultimi anni, di cui Chiarello sta svelando i segreti.

Perché il picciotto del Borgo Vecchio, mandamento di Porta Nuova, ha detto di volersi togliere dalla coscienza il peso della tragica fine di Davide Romano. “Eravamo amici”, ha detto ai pubblici ministeri, parlando del giovane torturato, ucciso e chiuso nel bagagliaio di una macchina, nudo e legato mani e piedi. Chiarello ha condotto nei mesi scorsi i carabinieri in un magazzino alle spalle del nuovo Palazzo di Giustizia. L’ipotesi inquietante è che potrebbe trattarsi della camera dove Romano sia stato torturato prima di essere ammazzato. Il tutto a pochi metri dagli uffici giudiziari.

“Erano amici” la vittima e Chiarello che avrebbe subito gli ordini superiori. Era contrario al delitto, ma non avrebbe potuto opporsi. Gli ordini andavano eseguiti. Così come nulla avrebbe potuto fare per fermare la spedizione punitiva ordinata nei confronti di Enzo Fragalà, il penalista palermitano brutalmente assassinato a colpi di bastone. Una punizione, organizzata e decretata nel corso di un summit di mafia, a cui Chiarello dice di avere assistito. Così come il collaboratore conoscerebbe i segreti di un altro delitto, quello di Giuseppe Di Giacomo, crivellato di colpi alla Zisa in quella che sembra essere stata una faida per il potere interna al mandamento di Porta Nuova e alle famiglie che si spartiscono il controllo dei quartieri della zona centrale della città.

Le armi trovate nel magazzino a Borgo Nuovo sono state utilizzate per compiere gli omicidi? Mentre sono iniziate le indagini tecnico-balistiche per trovare le risposte, Chiarello continua a riempire verbali su verbali.


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