Mafia, il blitz di Camporeale| Tutti gli appalti nel mirino dei boss

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21 Aprile 2015, 16:02

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PALERMO – Appalto pubblico o cantiere privato: per i mafiosi non c’era alcuna differenza. Gli imprenditori il pizzo lo dovevano pagare sempre e comunque. È il dato che viene fuori dal blitz dei carabinieri che stamani ha portato in carcere quattro persone fra Camporeale e Montelepre. I militari del Gruppo di Monreale hanno fatto luce su alcune estorsioni messe a segno fra il 2007 e il 2008. Di recente si è aggiunta la decisiva collaborazione delle vittime.

Il primo cantiere su cui i boss misero gli occhi era quello per la costruzione del Piano di insediamento produttivo in contrada Serpi, nella zona industriale di Camporeale, appaltato per un milione e mezzo di euro. Giuseppe Tarantino che all’epoca, secondo l’accusa, era reggente del mandamento assieme a Rosario Mulè con la “delega” all’edilizia, non si sarebbe esposto in prima persona ma avrebbe affidato l’incarico ad Antonino Cusumano. Insospettabile imprenditore edile e incensurato, Cusumano sarebbe stata la figura ideale per consentire al clan mafioso non solo di dialogare con altri imprenditori per la messa a posto, ma pure per infiltrarsi nei cantieri ottenendo lucrosi sub appalti e facendo lavorare parenti e amici. “Di un milione e mezzo… otto mila ne ha dovuto uscire”, spiegava Cusumano ad un interlocutore. La conferma della cifra è arrivata dall’imprenditore agrigentino: “Fui avvicinato in cantiere da Cusumano il quale mi disse che quelli che stavano dietro di lui pretendevano soldi per mettermi in regola. Pretendevano circa 15 mila euro”. L’imprenditore ebbe paura di subire danneggiamenti e si piegò alla richiesta estorsiva “in due tranches… ricordo di avergliene dati 4 o 5 mila”.

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Il modus operandi sarebbe stato riproposto ai danni di un altro imprenditore agrigentino vincitore dell’appalto per la costruzione della strada consortile Sirignano che collega Camporeale ad Alcamo. In questo caso Cusumano, come ha confermato lo stesso imprenditore, avrebbe imposto l’assunzione di manodopera e la fornitura di calcestruzzo.

Stessa corte toccò all’imprenditore palermitano che prima aveva realizzato un parcheggio pubblico in via Falcone e Borsellino a Montelepre e poi alcune villette in contrada Paterna a Terrasini. Stavolta la richiesta di messa a posto sarebbe stata formulata da Vincenzo Carlo Lombardo. A lui si è arrivati grazie alla decriptazione dei pizzini sequestrati a Salvatore Lo Piccolo nella villetta di Giardinello dove fu arrestato nel 2007 assieme al figlio Sandro. È stato il pentito Gaspare Pulizzi a riferire che nella corrispondenza dei boss di San Lorenzo veniva affibbiato il nomignolo “formaggino” a Lombardo. In passato era già stato chiesto, ma non convalidato, il suo arresto. A cambiare il corso delle indagini sono intervenute le dichiarazioni dell’imprenditore il quale ha raccontato di avere dato a Lombardo 10 mila euro a titolo di prestito, mai restituito. Poi, quanto iniziarono i lavori per il parcheggio a Montelepre, Lombardo si sarebbe rifatto sotto: “Appena inizia a Montelepre fatti vedere da me”. E all’imprenditore che gli chiedeva conto e ragione dei soldi del prestito così rispondeva: “Che ti credi che questi soldi di tornano indietro’”.

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21 Aprile 2015, 16:02

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