06 Febbraio 2019, 19:53
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PALERMO – Settimo Mineo e Gregorio Di Giovanni sono i primi della lista dei nuovi detenuti al 41 bis. È l’approdo di una lunga carriera criminale. Una sorte inevitabile per i boss che hanno fatto parte della nuova cupola di Cosa Nostra.
La mafia non è più quella di una volta, l’azione di contrasto sì. Mineo, alla soglia degli 80 anni, segue le orme del suo “illustre” predecessore. Quel Totò Riina rimasto al carcere duro fino all’ultimo respiro. Del padrino corleonese, almeno nella forma, Mineo ha preso il posto visto che da boss anziano ha presieduto l’assise mafiosa del maggio scorso, la prima convocata dall’arresto del capo dei capi. Un’assise a cui ha preso parte anche Gregorio Di Giovanni, in qualità di capo del mandamento di Porta Nuova.
In carcere hanno entrambi trascorso una grossa fetta della propria esistenza. Ora che il ministro della giustizia Alfonso Bonafede, sulla base delle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha dato il via libera al 41 bis il carcere per loro si fa molto più duro. Sono stati già trasferiti nei penitenziari di Sassari e Novara.
I neo pentiti Francesco Colletti e Filippo Bisconti hanno confermato quello che già emergeva dalle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo: Mineo e Di Giovanni facevano parte della nuova commissione provinciale di Cosa nostra, chiamata a serrare i ranghi di una mafia colpita nella forza militare. Gli investigatori non gli hanno dato il tempo di completare il piano.
È una storia che si ripete: i boss scontano le pene e tornano a gestire il potere, ma da subito inizia un monitoraggio serrato. Il patrimonio di conoscenze investigative svela vecchie e nuove strategie. Mineo e Di Giovanni non sarebbero stati gli unici a partecipare alla nuova cupola. Un ruolo di primo piano hanno avuto anche Leandro Greco e Calogero Lo Piccolo, incensurato il primo, già condannato per mafia il secondo.
Anche per loro la Procura di Palermo chiede l’applicazione del 41 bis. Sono in lista di attesa. Concluso l’iter della pratica andranno a ingrossare l’elenco dei detenuti al carcere duro. La mafia c’è, lo Stato pure.
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06 Febbraio 2019, 19:53