09 Ottobre 2016, 05:20
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PALERMO – Alcuni parenti del capomandamento di Corleone, Rosario Lo Bue, hanno acquistato dei terreni a San Giuseppe Jato. Un affare da un milione di euro.
Come spesso accade nei paesi siciliani spunta il ruolo del sensale per mediare fra il venditore, in questo caso un medico in pensione, e gli acquirenti, già titolari di un’azienda agricola e beneficiari di un finanziamento dell’Ismea, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare, destinato all’imprenditoria giovanile.
Il sensale, Giuseppe Cimino sperava, almeno così sosteneva che gli fosse stato promesso, in una provvigione di dieci mila euro. E lo ricordava a Leoluca Lo Bue, figlio di Rosario, pure lui finito in cella nei giorni scorsi: “… lui (il dottore, ndr) allora gli ha tolto i diecimila euro perché non ha voluto uscire la sansalia …sia Pietrino e sia tu, dentro da me, e ‘npalermo pure, siamo rimasti che diecimila euro ce li dovevate dare voialtri, il dottore, i soldi, il dottore ne voleva novecento venti e noialtri andavamo per novecentodieci, lo hai presente questo?”.
Seguirono una serie di incontri per chiarire la vicenda. Promesse, solo promesse. Il sensale non beccava un centesimo e mai ne avrebbe beccato. E si arrivò al 21 luglio del 2015 quando a San Giuseppe Jato, nella sala da barba di Antonio Alamia, in cella dal marzo scorso, ci fu l’incontro chiarificatore fra Alamia e Vincenzo Simonetti (uno dei sedici arrestati del blitz dei giorni scorsi). Alamia prese la parola e tagliò corto: “… io ho un incarico da dire a lei, a vossia… di tutti… dal padrone del terreno, da chi compra e da chi vende. Basta, Sansalia non ce n’è… ti sto dicendo Sansalia non ce n’è”.
Dalle indagini sarebbe emerso che fu lo stesso Lo Bue a dare mandato a Ignazio Bruno di San Giuseppe Jato di zittire le pretese del sensale.
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09 Ottobre 2016, 05:20