28 Agosto 2016, 05:04
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CATANIA – Il denaro come traccia “necessaria” per braccare e stanare il crimine organizzato nelle sue varie articolazioni. E’ questa la linea di lavoro della Procura di Catania dettata dal neo procuratore distrettuale Carmelo Zuccaro. “Colpire i loro proventi e stare addosso ai capitali che hanno bisogno di ripulire – sostiene- perché questo è l’unico modo per togliergli l’ossigeno”. Zuccaro è arrivato al vertice della Procura etnea dopo un lungo periodo a capo dell’area dei crimini economici, coordinatore della Dda, nonché del gruppo che si occupa del delicato fenomeno dell’immigrazione clandestina. Ecco una breve anticipazione dell’intervista pubblicata sul mensile I Love Sicilia, disponibile online e in tutte le edicole CLICCA QUI.
Procuratore Zuccaro da dove partirà la sua mission?
Sono arrivato al vertice di questa Procura dopo un lungo periodo di coordinamento dei gruppi da lei citati e, sia nell’una che nell’altra squadra, in tanti anni a Catania, ho avuto modo di conoscere a fondo i meccanismi che “animano” la criminalità” catanese. Soprattutto mi sono fatto una vasta idea del tessuto economico di questa città e delle pieghe nascoste in cui possono annidarsi le azioni criminali. Il procuratore Giovanni Salvi, prima di me, ha operato in maniera formidabile, facendo un lavoro di squadra e motivando benissimo le persone. La nomina mia e quella del collega Amedeo Bertone a Caltanissetta, in due delle Procure siciliane più delicate, è il risultato di questo lavoro di gruppo. Credo che sia questo lo spirito nella scelta del Csm, una nomina fatta nel segno della continuità.
Cosa è cambiato dal 1989, quando lei è arrivato per la prima volta a Catania?
Dalla seconda metà degli anni ’80, fino alla prima metà dei ’90, ai piedi dell’Etna la media dei morti ammazzati era di uno ogni due-tre giorni. Oggi non è più così e quindi ci viene da dire che sono diminuiti i reati che destano maggiore allarme sociale. Le famiglie egemoni del territorio, i Santapaola-Ercolano, i Laudani, i Mazzei, i Cappello, i Nizza e i minori, che si sono sempre caratterizzati per essere gruppi criminali di estrema litigiosità, oggi lavorano più sottotraccia, oltre che subiscono spesso vuoti di potere al vertice grazie all’attività repressiva che abbiamo messo in atto.
E dunque, che cambiamenti riscontrate rispetto al passato?
Non sono veri e propri cambiamenti, quelle davvero mutate sono le condizioni in cui operiamo, perché abbiamo lavorato sodo. Oggi riscontriamo ancora di più quella che è sempre stata da sempre la peculiarità della mafia catanese e cioè la “passione” per gli affari e per l’imprenditoria. I gruppi catanesi sono stati rimproverati dai Palermitani e dai Corleonesi di occuparsi troppo delle imprese, di avere troppa attenzione verso un’imprenditoria che gli permetta di entrare nei salotti buoni, di mischiarsi con la borghesia. Ecco, quello che posso dire che questa Procura è cosciente che la criminalità organizzata del territorio ha una fortissima propensione a infiltrare capitali nelle attività imprenditoriali a tutti i livelli. Su questo siamo molto vigili e interverremo pesantemente e senza dare respiro.
Intende dire che le imprese di Catania vanno troppo spesso a braccetto con la mafia?
Certamente no. Catania rappresenta un territorio più fertile perché lo spirito imprenditoriale è sempre stato più vivace che altrove. Abbiamo infatti tantissimi imprenditori sani e che vorrebbero un po’ di respiro. L’impresa però, in generale, è sempre a rischio perché si trova a competere spesso con coloro che operano in regime di concorrenza sleale, in un mercato drogato. Ecco, noi vogliamo spezzare il connubbio tra mafia e imprenditoria che cede alle lusinghe e vede in certi “aiuti” vere e proprie scorciatoie.
Effettivamente state andando giù pesante con la misura del sequestro dei beni.
E lo faremo sempre di più. E’ uno strumento importantissimo che serve a far capire che solo attraverso la legalità si può ricucire un tessuto economico della Sicilia ormai ridotto in brandelli. La mafia da un lato aiuta con capitali provenienti da affari illeciti, ma dall’altro ti risucchia fino all’estinzione. Un’impresa che si regge su questi presupposti non può fare crescere il territorio.
Lei è un esperto di reati finanziari, quindi “seguire il denaro”?
E’ la strada giusta. Anche nei paradisi fiscali, se occorre.
Gli amministratori giudiziari ce la fanno, secondo lei, a recuperare dal baratro un’impresa sequestrata? E i posti di lavoro?
Gli amministratori giudiziari assegnati a un’azienda sequestrata o confiscata cercano di salvaguardare innanzitutto i posti di lavoro, sappiamo bene quante famiglie incolpevoli ruotano attorno a un’azienda. Per questo spereremmo che nell’esercizio delle loro funzioni, nel percorso di risanamento di un’impresa e di epurazione dal male, le banche e le linee di credito che ci concedono siano sempre nella direzione di permetterci di lavorare e di portare avanti l’attività.
La vostra attenzione sembra andare ancora di più che nel passato in direzione “colletto bianco”, conferma?
Sui colletti bianchi e sui reati contro la pubblica amministrazione saremo molto rigorosi. Per noi, da subito, non ci saranno mai più santuari intoccabili. Soprattutto perché riteniamo ancora più grave che coloro che esercitano un potere politico o amministrativo abbiano ancora più responsabilità verso i cittadini.
A Catania dunque dovremo aspettarci “sorprese”?
Qualsiasi “sorpresa”, come la chiama lei, sarà il frutto di un lungo quanto meticoloso lavoro di indagine.
Ma fino ad ora non era stato così?
Fino a questo momento probabilmente qualcosa non era stata portata nella giusta evidenza, ma probabilmente perché non si era adottata una strategia investigativa davvero vincente.
Qualche settimana fa avete concluso un’operazione che ha creato il vuoto nelle maggiori piazze di spaccio. Ottantamila euro al giorno di ricavi per la vendita della droga. Catania è Gomorra?
La droga rimane un introito importantissimo per la mafia. Gli affari sono enormi e il denaro poi dev’essere riciclato. Ecco perché bisogna vigilare sulla direzione che poi prendono questi danari.
Quando si parla d’immigrazione clandestina tutti pensano all’enorme flusso di immigrati che ogni giorno invade l’isola. In realtà dietro a tutto ciò c’è un meccanismo potente e raffinato che parte dalle organizzazioni di questi sbarchi.
Il nostro gruppo, che da subito verrà coordinato da un bravissimo magistrato, Andrea Bonomo, che è anche in Dda, è riuscito a portare a termine operazioni importantissime come l’arresto non dei semplici scafisti, ma dei trafficanti di uomini, quelli che dai paesi del nord africa gestiscono il flusso migratorio e organizzano i viaggi sulle “navi madri”. Quelle che poi al confine con le acque territoriali italiane, fanno sbarcare questi poveri individui su barchette fatiscenti e li lasciano al loro destino. Oggi in tanti, grazie anche a operazioni sofisticate e a rogatorie internazionali, sono stati assicurati alla giustizia. Molto però resta da fare.
Impegni gravosi, dunque, l’estate non le ha portato certo un po’ di quiete.
No, il mio nuovo incarico non me lo consente. Soprattutto quando in pentola stanno “bollendo” tante cose.
Cosa si augura per i tanti giovani che in Sicilia, nonostante le difficoltà e le incertezze, tentano di farcela.
Dico a loro che non esistono scorciatoie. Che i risultati più significativi si hanno solo attraverso il lavoro vero, quello condotto con il massimo impegno, nonostante le difficoltà. Mi auguro che i giovani rifuggano sempre dalle lusinghe e dai percorsi facili. Quelli sono percorsi destinati a bloccarsi.
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