Mafia, sant’Agata e devozione | “Il martirio della Festa”

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01 Febbraio 2018, 10:34

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CATANIA – Una delle responsabilità della pubblicistica e della saggistica è fornire chiavi di lettura. E’ spingere il pensiero oltre il fatto vero e proprio, tentando di dare ordine alle cose con un senso logico, un rapporto di causa ed effetto che, svelato, rende più intellegibile qualcosa che, in caso contrario, potrebbe restare lì, fermo alla prima impressione, emozione, reazione. In questo breve ma non per questo meno intenso volume, Fernando Massimo Adonia, cerca – e ci riesce pienamente – di zoommare su un aspetto della Festa di sant’Agata, tra le più partecipate della cristianità, che per troppi anni è stato ignorato – volutamente o meno, non è questa la sede per dirlo – restando relegato a rapida descrizione, ad epiteto non certo edificante che ne ha distorto talvolta la percezione: il binomio Festa – Mafia. Una ricostruzione metagiornalistica, che prende spunto da due elementi fondanti degli ultimi due lustri: i processi penali che hanno avuto come sfondo la Festa e la sua organizzazione. Aspetti, come scrive l’autore, tutto sommato marginali per le centinaia di migliaia di devoti e di amanti della tre giorni. ma che restano invece le facili chiavi di lettura di chi si approccia alla manifestazione con distacco e presunta superiorità.

Adonia, carte alla mano, scandaglia gli umori che ruotano intorno alla tre giorni agatina, dopo precise accuse da parte della politica che sfociano in un importante processo sulle presunte infiltrazioni mafiose nell’organizzazione e gestione della Festa. Lo stesso fa con le carte di un altro procedimento penale, quello sulla morte del devoto Calì che, forse meno del primo processo ma in modo più profondo – la morte di un giovane schiacciato dalla folla costringe tutta la macchina a ripensare se stessa – rappresenta una cesura importante, dopo la quale niente è e sarà come prima. Un momento di svolta, l’inizio della reconquista, dal quale prendono le mosse una serie di controffensive.

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Queste, secondo la ricostruzione puntuale dell’autore, rappresentano “Il virus e l’anticorpo” dell’agonizzante Festa e dell’agonizzante città che “melior de cinere surgo”, riesce a superare uno dei momenti più bui della sua storia. E a darsi nuova veste e nuove regole per superare il momento particolarmente delicato.

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01 Febbraio 2018, 10:34

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