Mafia, Dia confisca beni | per 1 milione di euro

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06 Maggio 2014, 09:46

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CATANIA. La Direzione investigativa antimafia di Catania ha confiscato a Lentini (in provincia di Siracusa) beni, per un valore di oltre un milione di euro, ritenuti riconducibili Giuseppe Calabrò. L’uomo, ritenuto contiguo al clan Nardo, è stato condannato, nell’ambito dell’operazione Gorgia, a 30 anni di reclusione per associazione mafiosa ed omicidio. Tra i beni confiscati dalla Dia di Catania una impresa individuale di servizi cimiteriali, due immobili, automezzi e conti bancari.

La richiesta di confisca parte dalla Procura della Repubblica, con il provvedimento emesso dal Sostituto Andrea Ursino, della D.D.A. etnea, nei confronti di Giuseppe Calabrò, 43enne di Lentini, ritenuto affiliato alla consorteria mafiosa facente capo a Sebastiano Nardo, rappresentante della famiglia catanese di “cosa nostra” Santapaola, dedita prevalentemente alla commissione di estorsioni in danno di commercianti e imprenditori e al traffico di stupefacenti, operante nel territorio di Lentini e nei comuni limitrofi, e diretta dal 2002, tra gli altri, dal cognato Alfio Sambasile.

Con il provvedimento del Tribunale di Siracusa è stata disposta la confisca di una impresa individuale di servizi cimiteriali, due immobili, 4 automezzi e disponibilità bancarie per un valore complessivo di circa un milione di euro. Le indagini di natura economico-finanziaria e patrimoniale espletate dalla D.I.A., che abbracciano l’arco temporale compreso tra il 1991 e il 2010, volte a rilevare anche la capacità reddituale di Calabrò e del suo nucleo familiare, hanno permesso di identificare una serie di beni che, benché formalmente intestati ai suoi prossimi congiunti, sono stati ritenuti effettivamente riconducibili alla titolarità di quest’ultimo attraverso l’intestazione degli stessi alla propria moglie Eleonora Sambasile, sorella Alfio Sambasile. L’impresa individuale alla stessa intestata dal dicembre del 2000 – avente ad oggetto la “tumulazione e estumulazione salme,collocazione epigrafe, lavori cimiteriali in genere, lavori di muratura, pulitura e manutenzione di edifici pubblici e privati. Lavori di sabbia mento e pitturazione. Manutenzione di aree pubbliche”, ha ricevuto in affidamento appalti esclusivamente dal Comune di Lentini per i servizi cimiteriali, prima come “affidamento diretto” e successivamente in regime di appalto.

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La riconducibilità dell’intero patrimonio di Giuseppe Calabrò sarebbe stata anche più volte confermata dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia. L’esito degli accertamenti patrimoniali ha evidenziato, in particolare, forti profili sperequativi tra i redditi dichiarati e il patrimonio posseduto, tali da fondare la presunzione, accolta dal Tribunale, di un’illecita acquisizione patrimoniale derivante dalle attività delittuose connesse all’organico e prolungato inserimento di Calabrò nell’ambito del clan Nardo.

Giuseppe Calabrò, con sentenza del 05.12.2007 della Corte di Assise di Appello di Catania, divenuta irrevocabile il 15.01.2009, è stato condannato a 30 anni di reclusione, l’interdizione perpetua dai pubblici uffici ed altro, per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso, per il reato di omicidio continuato in concorso – quando venne ucciso Marco Siracusano – commesso a Lentini l’8.04.2002, proprio in concorso con il cognato ed altri appartenenti al clan “Nardo” e per altri reati commessi in Lentini e paesi limitrofi dal 1998 al 2004. Lo stesso Calabrò era stato arrestato il 16.06.1992, in occasione della cattura del cognato, all’epoca latitante, unitamente ad altri consociati, tutti denunciati per i reati di favoreggiamento personale e detenzione di armi.

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06 Maggio 2014, 09:46

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