Di Matteo: "E' nel dna della Mafia| il bisogno di controllare la politica" - Live Sicilia

Di Matteo: “E’ nel dna della Mafia| il bisogno di controllare la politica”

Il pm di Palermo chiede una svolta nel sistema di norme sul reato della corruzione. Ai giovani un appello: "Non siate indifferenti e indignatevi".

incontro all'università
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CATANIA –  Parla con passione Nino Di Matteo. Trenta minuti carichi di pause che in alcuni momenti sembrano penetrare le membrane dei timpani ancor più delle parole stesse. Tanti i giovani che oggi si sono dati appuntamento al polo didattico di scienze politiche per l’incontro “Mafia, economia e corruzione”. “Sono davvero emozionato di trovarmi qui a discutere di questi temi davanti a voi” – esordisce il pm di Palermo. Il magistrato “condannato a morte dalla mafia” secondo le dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, ex boss di primo piano della cupola palermitana. I processi in cui rappresenta l’accusa sono quelli che hanno smosso l’occulta trattativa stato – mafia che però poche volte è arrivata nelle aule giudiziarie. Oggi lo è.

“Oggi dobbiamo parlare di mafia e della sua connessione con l’economia legale, un argomento che fa tremare i polsi” – Nino Di Matteo parla in modo diretto e senza filtri. Una verità quella della mafia che scuote, ma forse alcune volte è necessario che qualcuno sferri un pugno in piena faccia per ridestarci dal sonno dell’indifferenza. “Non possiamo pensare che la lotta alla criminalità organizzata si esaurisca con la repressione dell’aspetto militare delle organizzazioni. Cosa nostra – chiarisce Di Matteo –  ha avvertito, avverte tutt’ora e ritengo avvertirà sempre, perché lo ha nel suo dna, la necessità di condizionare e controllare le attività della politica e delle pubbliche amministrazioni. La mafia ha la necessità di infiltrarsi e di impadronirsi dell’economia cosiddetta legale. Per gli uomini di Cosa Nostra questi scopi sono assolutamente fondamentali”. E non è magnanimo Di Matteo, con nessuno. “Purtroppo non sempre le Istituzioni nella componente politica, nella componente amministrativa  e in alcuni casi nella componente giudiziaria, hanno avvertito la speculare necessità di recidere definitivamente questi rapporti con la Mafia”. Basta alibi. “Oggi non possiamo più parlare di una colpevole sottovalutazione del problema, io credo che oggi dobbiamo parlare di bieche ragioni di convenienza, opportunismo elettorale o politico. Dobbiamo parlare purtroppo di una sorta di adesione culturale più o meno consapevole al metodo mafioso nell’esercizio del potere istituzionale”.

E per Di Matteo è la corruzione la linfa vitale delle organizzazioni mafiose. “La mafia è sempre più legata al sistema corruttivo. Settori importanti,  apparentemente legali e non solo siciliani, sempre più frequentemente si rivolgono a Cosa Nostra – avverte Di Matteo – per stipulare dei patti ”. E il pm della Procura di Palermo porta ad esempio il paradosso giudiziario del caso Catania, per capire l’incapacità di contrastare il fenomeno. “In alcuni procedimenti giudiziari che riguardavano i Cavalieri del Lavoro – racconta il magistrato – si disse in atti giudiziari che quei soggetti che pure avevano stipulato degli accordi con le famiglie mafiose, in realtà fossero vittime e non complici”.

“Mafia e corruzione non sono due soggetti distinti e separati come ci vogliono far credere. Mafia e corruzione sono due facce della stessa medaglia”. E il pm Nino Di Matteo sviscera la vera piovra da sconfiggere, e cioè “il sistema di norme che alimenta una conclusione che purtroppo è tipica nelle indagini che riguardano la corruzione e la mafia ed è la conclusione dell’estinzione del reato per prescrizione. E questo rappresenta la sconfitta più atroce dello Stato. Non può esserci una lotta della mafia efficace – è il verdetto di Di Matteo – se non con una svolta vera nel sistema della repressione della corruzione”.

Di Matteo e il rettore Pignataro

Seduti insieme a Di Matteo, il rettore Giacomo Pignataro, il direttore del dipartimento, Giuseppe Barone, l’ex pm e avvocato Antonio Ingroia, il presidente del Movimento Agende rosse, Salvatore Borsellino, e il direttore di Antimafia 2000, Giorgio Bongiovanni, e Salvatore Borsellino, fratello di Paolo ucciso dalla mafia e presidente del movimento Agende rosse.

Di Matteo conclude il suo intervento rivolgendo un invito diretto ai giovani. “Perfavore non siate indifferenti , l’indifferenza rispetto alla mafia è costata la vita a tanti servitori dello stato e a tanti cittadini . L’unica possibilità di sconfitta definitiva della mafia passa dal vostro impegno, dalla vostra capacità di indignazione e di reazione”.


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