Mafia, dolci e caffè | Confiscate alcune aziende

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17 Settembre 2018, 16:35

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PALERMO – Dopo la condanna per intestazione fittizia, arriva la confisca dei beni per Francesco Paolo Maniscalco.

Era diventato un pezzo grosso nel settore del caffè. Caffè e non solo a giudicare dall’elenco dei beni confiscati dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale: “Sicilia e Duci distribuzione snc di Maniscalco Giuseppe”, “Cieffe Group ingrosso Caffè” intestata a Daniela Bronzetti, Bar Intralot di via Carlo Pisacane, Bar Trilly di via Giacomo Cusmano, “Caffè Florio di Zaccherone Maria” con sede in via Quattro Coronati, il Gran Cafè di piazza San Domenico affidato ad una cooperativa e regolarmente aperto.

Storia giudiziaria tormentata quella di Maniscalco. Di lui si iniziò a parlare nel 1991 quando un commando svuotò il caveau del Monte di Pietà, a Palermo. Bottino: oro e gioielli per 18 miliardi di lire, di cui non si è saputo più nulla. Del commando faceva parte Maniscalco. Nella sua fedina penale c’è anche una condanna per mafia con il suo nome accostato a quello di Totò Riina.

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Dopo avere finito di scontare nel 2006 una condanna a sei anni e otto mesi si era lanciato nel mondo degli affari. Maniscalco, secondo i pubblici Calogero Ferarra e Dario Scaletta, cambiava continuamente i soci delle aziende, ne chiudeva alcune per aprirne poco dopo altre.

Nel 2016 il sequestro di beni, ora confermato dal collegio presieduto da Raffaele Malizia e composto dai giudici Simona Di Maida e Vincenzo Liotta che hanno imposto a Maniscalco la misura dell’obbligo di soggiorno per tre anni e mezzo perché “dopo avere espiato le pur lunghe pene detentive” ha dato prova di una “totale indifferenza verso il monito costituito dalla misura di prevenzione e dalle pregresse esperienze giudiziarie e detentive”.

 

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17 Settembre 2018, 16:35

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