In cella per mafia e droga| "Può tornare a casa" per la 13^ volta - Live Sicilia

In cella per mafia e droga| “Può tornare a casa” per la 13^ volta

Guido Spina

Guido Spina è stato coinvolto in un blitz antimafia allo Zen. Ha subito un trapianto di fegato e ha già ottenuto una sfilza di scarcerazioni. I periti ribadiscono che non può restare detenuto. A meno che il Dap non individui un centro clinico che lo possa ospitare.

Al VAGLIO DEL RIESAME
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PALERMO – Potrebbe lasciare il carcere per la tredicesima volta. I periti nominati dal Tribunale del Riesame dicono che le condizioni di salute di Guido Spina sono incompatibili con il regime carceraio. Ha subito un trapianto di fegato. Circostanza che, però, non gli avrebbe impedito, secondo l’accusa, di reggere le sorti del clan mafioso dello Zen dalla sua abitazione – dove si trovava ai domiciliari – trasformata in una centrale per lo spaccio di droga.

Spina, 49 anni, pluripregiudicato, scontava le sua pena in casa, in una elegante villa immersa nel verde. Nonostante la malattia, gli agenti della Dia registrarono le sue parole mentre reggeva i traffici. A giugno è scattato il blitz . Spina è tornato in cella assieme ad altre sedici persone, fra cui molti suoi parenti. Solo che si è ripresentato il problema di sempre. Il giudice per le indagini preliminari ha respinto l’istanza di scarcerazione e il legale della difesa, l’avvocato Francesca Russo, ha fatto istanza al Tribunale del Riesame che ha incaricato i periti di studiare il caso. Risultato: Spina non può stare in cella. O va ai domiciliari oppure bisogna trovare un centro clinico carcerario con determinati requisiti. Cella singola, cucina separata per curare l’alimentazione, ambiente sterile lontano da possibili infezioni perché un soggetto trapiantato è altamente a rischio.

“Non esistono in Italia strutture simili”, taglia corto l’avvocato Russo che lo ha messo per iscritto nell’istanza presentata al Riesame. I giudici a questo punto hanno chiesto al Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria di fare una ricognizioni delle strutture. La decisione del Riesame è rinviata al 10 settembre.

L’operazione “Fiume” di giugno, coordinata dagli aggiunti Principato e Teresi e dai sostituti Del Bene, Picozzi, Luise e Vaccaro, mise a nudo lo squallido spaccato di un quartiere sotto la perenne egemonia di Cosa nostra, un’atmosfera di ricatti e soprusi che non avrebbe risparmiato nessuno, dal venditore ambulante ai residenti delle case popolari. Spina avrebbe retto il clan mafioso dello Zen dalla sua villa-bunker di via Trapani Pescia. Un luogo del tutto diverso dai casermoni di una delle aree più problematiche della periferia cittadina.

In quella roccaforte sono riusciti ad avere accesso gli investigatori della Direzione Investigativa Antimafia che hanno collocato alcune microspie.  “Ogni volta arrestano sempre a me – diceva Spina discutendo con il potenziale acquirente di un carico di droga con cui erano nati dei contrasti -. Non è che arrestano qualcun altro, ma sempre a me, perché il più fesso dello Zen è Guido”.

Dubbi il legale solleva pure sull’interpretazione delle intercettazioni e ricorda che già in altre occasioni è caduta l’accusa di fare affari con la droga contestata a Spina. Di recente è stato assolto nello stesso processo in cui il Tribunale di Palermo ha inflitto un durissimo colpo al clan che fu di Salvatore Lo Piccolo. Una trentina i condannati, ma Spina è uscito pulito dal processo. Almeno in primo grado.


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