16 Novembre 2020, 15:53
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PALERMO – Due assoluzioni e sei condanne con riduzioni di pena. Si chiude il processo di appello sugli interessi economici dei mafiosi dell’Acquasanta.
Gli imputati rispondevano a vario titolo di riciclaggio, reimpiego di capitali illeciti, peculato e intestazione fittizia di beni, reati aggravati dall’avere favorito Cosa nostra.
Gli assolti sono l’ingegnere Francesco Cuccio (difeso dall’avvocato Massimo Motisi, in primo grado gli erano stati inflitti 5 anni e 6 mesi, ma ora la Corte ha stabilito che l’ipotesi di avere favorito un’impresa legata ai boss “non sussiste”) e Giorgio Marcatajo “perché il fatto non costituisce reato” (difeso dagli avvocati Franco Inzerillo e Valeria Minà, era stato condannato a due anni e 10 mesi). Quest’ultimo è il figlio dell’avvocato Marcello Marcatajo, anche lui coinvolto nell’inchiesta e deceduto, che per un decennio avrebbe curato gli interessi dei clan dell’Acquasanta per cui avrebbe stipulato diversi affari immobiliari.
Il collegio presiedo da Antonio Napoli ha condannato gli altri imputati, fra cui i Graziano, esponenti dell’omonima famiglia mafiosa che, per gli inquirenti, avrebbero potuto contare sull’aiuto di Marcatajo nel riciclaggio del denaro della cosca: Angelo Graziano ha avuto 4 e mezzo (6 anni in primo grado), Francesco Graziano 10 anni e 11 mesi (14 anni e due mesi in primo grado), il boss Vincenzo Graziano 3 anni e 9 mesi (4 anni e 2 mesi in primo grado), Giuseppe e Ignazio Messeri (2 anni e tre mesi ciascuno (sei mesi in meno del primo grado) e Maria Virginia Inserillo (moglie di Francesco Graziano e nuora del boss Vincenzo) che ha avuto un anno e due mesi (sconto di pena di quattro mesi).
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16 Novembre 2020, 15:53