14 Luglio 2011, 12:57
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“Mentre prima tra alcuni settori della borghesia e i clan mafiosi c’erano prevalentemente rapporti legati alla convenienza del momento, ora assistiamo ad una vera e propria integrazione, una sorta di compenetrazione, ad esempio, di alcune parti dell’imprenditoria con i ceti violenti di Cosa Nostra. E tutto in nome degli affari e del guadagno”. Ad analizzare l’evoluzione della cosiddetta borghesia mafiosa è il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che ha commentato l’operazione della polizia che ha portato all’arresto di 10 presunti favoreggiatori del boss agrigentino Giuseppe Falsone. Tra gli arrestati due imprenditori, Carmelo Marotta e Salvatore Morreale, rispettivamente di Ribera e Favara, che avrebbero gestito la latitanza del boss, fornendogli anche false identità, prima che questi finisse in cella. L’arresto scatto il 25 luglio dell’anno scorso. La polizia, nell’ambito della stessa inchiesta, ha disposto il sequestro di 17 imprese, nella titolarità dei favoreggiatori di Falsone, operanti per lo più nel settore dell’edilizia e del movimento terra.
“Anche questa indagine conferma il ruolo fondamentale delle intercettazioni e dei collaboratori di giustizia nel contrasto a Cosa Nostra. Noi auspichiamo che questi strumenti non vengano toccati. Solo così si assicura la tenuta del sistema statale”. Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, commentando l’inchiesta della polizia che ha decapitato la rete dei favoreggiatori del boss agrigentino Giuseppe Falsone. Ingroia si è anche detto “fortemente critico nei confronti del progetto di riforma delle intercettazioni”.
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14 Luglio 2011, 12:57