26 Luglio 2015, 05:02
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CATANIA- Per la prima volta rompe il silenzio che, da sempre, caratterizza l’azione dell’Ufficio del Giudice delle indagini preliminari di Catania. Dietro la valanga di arresti eseguiti negli ultimi anni, dietro l’azzeramento delle principali famiglie mafiose, ma soprattutto dietro i processi più importanti, che riguardano Raffaele Lombardo, Mario Ciancio e il marito di Anna Finocchiaro, c’è il contributo importante dei giudici delle indagini preliminari.
Analizzando le indagini della Procura etnea, che vanta magistrati eccellenti in tutti i settori, i Gip hanno consentito l’esecuzione di migliaia di arresti facendo prevalere le ragioni di diritto e l’equità.
A raccogliere l’eredità del compianto e apprezzato Rodolfo Materia presidente dei Gip scomparso prematuramente, è Nunzio Sarpietro, luminare del diritto, cultore del processo penale ma, soprattutto, uomo distante dai salotti buoni della città.
Al terzo piano del palazzo di giustizia Sarpietro lavora a stretto braccio con i 17 magistrati che compongono l’ufficio, che soffre per la carenza di personale amministrativo, ma è riuscito a emettere mille ordinanze di custodia cautelare nell’ultimo anno.
I numeri parlano chiaro, sono stati celebrati 254 processi in abbreviato e definite 700 posizioni con pene da 8 a 20 anni alle quali si aggiungono gli ergastoli per gli scafisti colpevoli della strage con 800 vittime decedute dopo il naufragio di alcune settimane addietro, ergastoli per omicidi di mafia. Sotto la guida di Sarpietro i Gip catanesi sono secondi, in Italia, solo a Napoli.
IL CASO CIANCIO. Sarpietro è orgoglioso del lavoro svolto dai magistrati del suo ufficio che stanno seguendo il caso Ciancio. Non entra nel merito, ma tiene a sottolineare che “nel novembre 2012 il Gip Luigi Barone, rispondendo alla richiesta di archiviazione della Procura, dispose nuove indagini, che furono ultimate dalla Procura nel 2015”. Durante queste nuove indagini sono emersi elementi determinanti, fatti precisi che hanno fatto cambiare l’orientamento dei magistrati che hanno quindi chiesto il rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Adesso è arrivata la parte più delicata, ci sono tre richieste di costituzione di parte civile e il Gip Bernabò sta affrontando lo studio di ben 50 faldoni: “Bisogna verificare tutti gli elementi più importanti del processo -spiega Sarpietro- per verificare i presunti diritti violati con un concorso esterno che è una fattispecie di non facile definizione. Per questo -aggiunge il presidente dei Gip, è stato necessario un rinvio di tre mesi per quella che sarà un’udienza importante”.
CASO LOMBARDO- L’ufficio Gip, che con Gari aveva inchiodato la cupola della mafia catenese, incastrando i colletti bianchi di cosa nostra, è stato determinante anche nel processo Lombardo, Sarpietro lo sottolinea: “A una richiesta di archiviazione rispondemmo con l’imputazione coatta dell’ex presidente della Regione e poi è arrivata la condanna in primo grado per concorso esterno”. E’ il primo caso a livello nazionale di un presidente della Regione condannato per questo reato. L’ufficio Gip ha consentito di superare la spaccatura della Procura e di avviare, con l’arrivo di Salvi, quel percorso che ha visto tutti i magistrati uniti nel verificare i fatti e accertare gli elementi di indagine dei carabinieri del Ros”.
I NODI. Sarpietro vuole puntare sul rafforzamento delle misure di sicurezza. “Ho chiesto -racconta – questo rafforzamento al procuratore generale Giovanni Tinebra e all’avvocato generale Scalia, la richiesta è stata fatta nel febbraio 2015, ho ricevuto solo adesso una risposta di tipo burocratico e cioè che la richiesta di rafforzamento può essere fatta solo dal Presidente del Tribunale o dal presidente della Corte d’Appello. Il mio tentare di puntare sulle misure di sicurezza è stato interpretato come una rivendicazione sindacale”.
ORGANIZZAZIONE- Il Presidente dei Gip non si dà pace. “La situazione organizzativa del personale amministrativo è critica e dobbiamo continuare a supplire a queste mancanze di organizzazione che dipendono dal presidente del Tribunale e dal dirigente amministrativo”.
Le conseguenze, insiste Sarpietro, “ricadono sull’ufficio che soffre per un sovraccarico di lavoro. C’è un forte arretrato di decreti penali e un grosso sacrificio dei giudici costretti a supplire, in questa situazione, alla mancanza di personale. I magistrati dell’ufficio Gip sono costretti a svolgere i compiti dei cancellieri al punto tale che io e io mio vice abbiamo dovuto cedere i nostri cancellieri a favore di Gip oberati di lavoro”.
Una sola assistente segue il lavoro del presidente dell’ufficio Gip e del suo vice. Nonostante questo, i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
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26 Luglio 2015, 05:02