Mafia e omicidi: Stracquadaini, la latitanza e i verbali dei pentiti

Mafia e omicidi: Stracquadaini, la latitanza e i verbali dei pentiti

Indagini, soldi e colpi di pistola

CATANIA – L’elenco dei morti ammazzati nel Ragusano è lungo, quasi quanto quello dei tentati omicidi verso la fine degli anni ’90. Come lungo è l’elenco di voti che la mafia ragusana era in grado di assicurare a esponenti di primo piano del mondo politico.

Ci sono fascicoli impolverati con delitti efferati, per anni irrisolti nel 1998. Fino a quando, davanti al Pm Ignazio Fonzo, si siede un pentito di spessore, Carlo Alberto Stracquadaini, che mette nero su bianco il nome del fratello Gianfranco, accusandolo di omicidio. Fonzo riapre l’inchiesta sui delitti e, parallelamente, sui rapporti tra mafia e politica.

Oggi la Dda etnea ha arrestato Gianfranco Stracquadaini dopo una latitanza di 18 mesi e i sospetti, a suo carico, per il ferimento di un ex collaboratore. A incastrarlo, in controlli a tappeto dopo il rapimento del 17enne a settembre.

Le nuove accuse

Stracquadaini è stato arrestato a Comiso, è accusato di associazione mafiosa, tentato omicidio aggravato in concorso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco. L’ordinanza a suo carico era stata emessa nel giugno 2024, dopo il ferimento del pentito.

Secondo gli investigatori, dalle indagini sarebbe emerso “il ruolo predominante dello Stracquadaini nell’attuazione del disegno criminoso, ovvero l’eliminazione fisica dell’ex collaboratore di giustizia, già organico al clan Carbonaro Dominante, e la ferma volontà dello stesso di costituire un nuovo gruppo criminale armato riconducibile all’associazione di stampo mafioso denominata Stidda”.

Una lunga scia di sangue

Una lunga scia di sangue e la capacità di controllare, militarmente, i voti. Negli anni ’90 il clan Carbonaro Dominante è al centro di una guerra di mafia, ma contemporaneamente l’organizzazione criminale guidata dai fratelli Carbonaro e da Carmelo Dominante era accusata di sostenere esponenti della politica alle elezioni regionali, attraverso l’intermediazione di “un profumiere di origini calabresi”.

Stracquadaini viene inizialmente accusato dal fratello dell’omicidio di Rosario Foresti e del tentato omicidio di Gianni Mattia.

Indagando su questo delitto, i magistrati ascoltano Angela Melim, vedova di Angelo Di Nicola: “L’omicidio di Rosario Foresti – dice la donna – e il tentato omicidio del cognato Mattia era stato eseguito materialmente da Carmelo Cascino e da Gianfranco Stracquadaini. Gli obiettivi di tale azione delittuosa erano Emanuele Foresti e il mio marito Angelo in quanto affiliati dei Nigito e avversari del Cascino”.

Niente abiti firmati

Stracquadaini “spara”, sostengono i pentiti, con i Dominante. Niente abiti firmati, nel 1996, tre giorni dopo il ferimento in un agguato di Carmelo Pepi, braccio destro di Giovanni Cascino, Gianfranco Stracquadanio viene arrestato in piazza Ricca a Vittoria, col giubbotto antiproiettili e “in possesso di pistole”.

L’omicidio Foresti sconvolge i clan. Il collaboratore Pietro Ruggeri racconta che uno dei pezzi da novanta dell’organizzazione, “Di Stefano”, “si era messo paura” ed era andato da Nigito per dire “che lui non c’entrava con questo omicidio e che quindi lui non ne voleva sapere, perché aveva paura della ritorsione…aveva fatto tutto Gianfranco Stracquadaini di testa sua, e quindi il clan non sapeva niente”.

Perché avvenne l’omicidio Foresti? “So che è stata un’idea esclusivamente di Gianfranco Stracquadaini, in quanto il Foresti era reo di avere importunato più volte la moglie di Stracquadaini”, annota il collaborante.

Estorsioni e droga

Gli inquirenti documentano, a carico di Stracquadaini, richieste estorsive, atti incendiari, “intimidazioni violente” ai danni di imprenditori del settore ortofrutticolo. Ma anche spaccio di cocaina attraverso una rete di spacciatori tra Vittoria, Milano e Palermo. È il collaboratore Vincenzo Alessandrello a parlare del traffico di droga, la Dda di Catania seguiva traffici di stupefacenti provenienti dall’Inghilterra, sempre negli anni ’90.

“Fino al mio arresto – dice Alessandrello – facevo sempre io dei viaggi, cioè andando a prendere la persona che arrivava…”. Quando il Pm Fonzo chiede di fare i nomi, il pentito non esita: “Le persone che… arrivano con… la merce erano Emanuele Minardi o, qualche volta, anche Stracquadaini Gianfranco, il più piccolo dei fratelli Stracquadaini”.

Da un chilo di droga, se ne ricavavano “tre commerciabili”. I soldi per acquistare gli stupefacenti provenivano dalle estorsioni.

Dopo anni di detenzione, Stracquadaini era tornato in libertà, fino alla latitanza, durata circa 16 mesi e finita a Comiso, mentre le telecamere della polizia lo filmavano.


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