14 Aprile 2018, 18:19
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MESSINA. E’ tornato in libertà, su disposizione del giudice per le indagini preliminari di Messina Monica Marino, il 50enne Antonio Monforte, uno dei dodici indagati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’inchiesta antimafia “Fiori di pesco”. L’uomo, detenuto dal novembre dello scorso anno con le accuse di associazione mafiosa ed estorsione, ha lasciato il carcere di Taranto. Il gip, nonostante il parere contrario del pubblico ministero, ha accolto l’istanza di revoca o sostituzione della misura di massimo rigore presentata dal legale Michele Pansera, ritenendo insussistenti le esigenze cautelari. Come evidenziato dalla difesa, il lungo lasso di tempo intercorso tra la data d’accertamento del reato, il 2013, e quella della richiesta della misura, il 2017, e l’allontanamento dell’indagato, da circa un anno, dal territorio in cui sarebbero stati commessi i reati, deporrebbero per la cessazione delle esigenze cautelari. Restano comunque gravi per il gip gli indizi di colpevolezza a carico di Antonio Monforte.
LE ACCUSE. Nessun dubbio per i magistrati della Dda di Messina sull’appartenenza di Antonio Monforte ad un’agguerrita articolazione del clan Brunetto nei comuni della Valle dell’Alcantara. L’indagato, oltre ad essere stato più volte intercettato nel corso dell’attività investigativa a discutere di problematiche dell’associazione, è stato anche sorpreso nel 2013 all’interno della stalla di Vico Costanzo a Giarre, di proprietà di Pietro Carmelo Olivieri, reggente del clan dopo la scomparsa del boss Paolo Brunetto, nel corso di un summit convocato per discutere e risolvere alcune tensioni esplose tra affiliati. L’indagato è anche accusato di aver costretto un allevatore a cedergli un pascolo di proprietà, avvalendosi della forza intimidatrice di Paolo Brunetto, intervenuto in favore di Monforte.
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14 Aprile 2018, 18:19