Catania

Mafia, il clan Ercolano e il pizzo sulla Catania-Siracusa

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22 Ottobre 2022, 06:05

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CATANIA. Gli intrecci mafiosi tra il clan Santapaola-Ercolano e i lentinesi del gruppo dei Nardo seguivano le rotte del denaro. Ma di una cosa il pentito Alfio Ruggeri, già mafioso “stipendiato” con 1.000 euro al mese dal clan cugino di Filadelfio – il mafioso a cui i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Catania hanno confiscato, due giorni fa, beni per un valore stimato di 50 milioni di euro – è certo: i Nardo sono “sotto al clan Santapaola”. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia sono datate, considerato che Ruggeri ha cominciato a parlare una decina di anni orsono, ma rendono perfettamente l’idea di quanto accadeva nei primi anni Duemila. 

La sovranità ‘limitata’ del clan Nardo, secondo il pentito

Il clan dei Nardo era al di sotto dei Santapaola-Ercolano, certo, ma loro si reputano comunque dei capi, perché erano liberi di farlo nel proprio territorio, salvo che si trattasse di opere importanti: in quel caso subentravano i catanesi. Ecco la spiegazione di Ruggeri: “Per essere più chiari, nel mio territorio non dovevo chiedere permesso né per commettere una rapina né per omicidi; per quanto riguarda gli omicidi, però, sè la vittima designata era un capo occorreva farlo sapere alla famiglia di Catania ed essere autorizzati; per quanto riguarda le messe a posto di lavori pubblici importanti sé ne occupava la famiglia di Catania”. 

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I soldi sulla Catania-Siracusa: gli Ercolano avrebbero avuto una parte dei “guadagni”

A questo punto il pentito cita un vecchio boss del clan Ercolano, con cui afferma di aver parlato “del previsto avvio dei lavori sulla Catania-Siracusa e di avere concordato che egli avrebbe avuto una parte dei guadagni. Nel gruppo Nardo tenevamo una contabilità delle entrate”. Fondamentale, va evidenziato, è contestualizzare i racconti del pentito, che parla nel 2014 e di fatti avvenuti in precedenza. Fino al 2005, Ruggeri afferma di aver avuto contatti con esponenti della famiglia di Catania. Incontrava il boss in un “magazzino, che si trova in zona Vaccarino”; un luogo che quel vecchio padrino, evidentemente, considerava “sicuro, ossia libero da microspie. Gli incontri avvenivano in un ufficio della ditta che ci metteva a disposizione il titolare”. 

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22 Ottobre 2022, 06:05

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