26 Giugno 2014, 19:56
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PALERMO – Non ci sono filtri. La mafia si racconta da sé. Attraverso le voci registrate dalle microspie e le facce riprese dalle telecamere piazzate dai carabinieri, a tappeto, fra Resuttana e San Lorenzo. Tre anni di appostamenti, pedinamenti e cuffie alle orecchie. Quella che vi proponiamo è una parte del film di Cosa nostra “girato” dai carabinieri del Reparto operativo e del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo che assieme ai poliziotti della Squadra mobile e ai finanzieri della Polizia valutaria hanno arrestato 91 persone.
La mafia che semina il panico fra i commercianti, che controlla il territorio, che resiste alle ondate di arresti, che recluta nuovi picciotti è, al contempo, una mafia che arranca. Serpeggiavano malumori e contrasti che Girolamo Biondino ha provato a risolvere, serrando le fila. A giudicare dalla capacità invasiva di imporre il pizzo c’era pure riuscito, ma è sempre più complicato governare le nuove leve.
Sandro Diele, considerato il capofamiglia di Pallavicino-Zen, lo ammetteva discutendo con Francesco D’Alessandro, uomo forte a San Lorenzo e braccio destro di Biondino: “… pazienza ci vuole, ormai quello che succede non la possono chiamare più associazione mafiosa… delinquenza… delinquenza…. ma dov’è sta questa associazione mafiosa”.
Gente sempre meno affidabile popola l’esercito di Cosa nostra. Giuseppe Bonura sapeva bene quanto faticoso fosse diventato il mestiere del mafioso: “No, perché certe volte è meglio una giornata di muratore che una di queste qua. Minchia vai a discutere questa cosa… è giusto … è sbagliato… è un Tribunale in nero…”. Ed era sempre Bonura ad ammettere di vivere una sensazione di disorientamento: “… cioè io non capisco questa leva e metti… ci mette a quello… io prima mi ricordo che per battezzare un picciutteddu ci voleva… la chiesa… la chiesa… no a me quello che non mi piace è questo leva e metti… prima c’era uno che durava vent’anni… ora c’è da una settimana all’altra… a che c’è Totò… a che c’è Gasparino… io sono un uccello che vola… stancavo le ali… dove mi devo appoggiare… dopo 46 anni ho paura”.
Eppure, nonostante tutto, la mafia fra Resuttana e San Lorenzo continuava a dettare legge con la forza. E con il piombo. Come quello sparato contro la casa del pentito Raimondo Gagliano che aveva osato rientrare allo Zen dopo avere fatto arrestare la gente del suo stesso quartiere. Come il piombo dei proiettili conficcati dentro la testa di agnello lasciata nel cantiere del commerciante riottoso. Perché nei nastri magnetici ci sono pure le estorsioni in diretta in una zona dove regna l’anti-Stato di Cosa nostra.
Violare il bunker, però, si può. Una delle immagini simbolo della retata è quella dei vigili del fuoco che fanno irruzione in un magazzino dove venivano conservate e smontate le macchine rubate. Soprattutto Smart. Un supermarket di pezzi di ricambio autorizzato da Cosa nostra. Il flex che taglia i catenacci sotto gli occhi dei curiosi pesa più di 91 facce. Tanti sono gli arrestati del blitz Apocalisse.
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26 Giugno 2014, 19:56