23 Maggio 2016, 05:17
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CATANIA – Il piccolo paese di Raddusa, lo scorso anno, è stato al centro di pericolose fibrillazioni interne per la scelta di chi doveva essere il reggente. In questo clima di tensione sarebbe maturato il duplice delitto di Salvatore Cutrona e Francesco Turrisi, uccisi a fucilate alle 7.20 del mattino in Contrada Manca. Era il 5 aprile del 2015. La domenica di Pasqua. Sono stati trovati all’interno di una Fiat Stilo, Cutrona era stato colpito da 3 colpi, mentre Turrisi da ben 5 colpi. L’inchiesta Kronos ha permesso di identificare i presunti mandanti e anche uno dei presunti killer. Con l’accusa di omicidio sono finiti Turi Seminara, il boss calatino di Cosa nostra, Salvatore Di Benedetto e Rino Simonte. E’ proprio lui che dopo l’uccisione di Cutrona diventa il “capo” del paese. Secondo i pm Antonino Fanara e Agata Santonocito Di Benedetto e Seminara sarebbero stati i mandanti del duplice delitto, anche se Turrisi in realtà sarebbe rimasto incastrato nel piano di sangue. Poco distante dalla scena del crimine è stata trovata la Fiat Punto usata dagli assassini. Completamente bruciata.
L’INDAGINE. I carabinieri, dopo la scoperta dei cadaveri, eseguono una perquisizione a casa di Salvatore Scalamato. Cutrona e Turrisi lo attendevano quella mattina per andare insieme a lavorare all’allevamento. Parenti e conoscenti delle vittime vengono interrogate, ma è una telecamera nella piazza principale di Raddusa a dare un input all’indagine dei militari. Si riescono a cristallizzare le abitudini delle vittime e di alcuni sospetti, che puntualmente alle 14 frequentavano il bar della piazza, e da queste immagini gli investigatori identificano anche le auto usate. Rino Simonte – che viaggiava a bordo di una Mercedes C220 – è stato notato il venerdì prima del delitto e la domenica dell’omicidio. Il primo passaggio alle 6 del mattino e poi altri.
Rino Simonte, inoltre, secondo la ricostruzione degli inquirenti quel giorno nonostante la sveglia di primo mattino non sarebbe andato a lavoro. Gli incontri incrociati delle celle telefoniche inoltre sono perfettamente compatibili con il luogo dell’omicidio. Le telecamere inoltre hanno immortalato il passaggio della Fiat Punto grigia utilizzata per il delitto verso le sei e mezzo e poi altre due volte – a velocità sostenuta – alle 6.56 e alle 8.27. L’auto era stata rubata al Centro Commerciale Le Porte di Catania.
LE TENSIONI INTERNE. Per cristallizzare il movente e il contesto su cui sarebbe potuto maturare il duplice delitto, gli inquirenti scavano nella vita di Cutrona, conosciuto in paese come uno dei capi che gestiva le “messe a posto”. Insomma le estorsioni. Si passano al setaccio le intercettazioni nella masseria di Seminara e nell’auto di Di Benedetto dei mesi precedenti e una lettura attenta fa ben comprendere che la vittima non era vista di buon occhio dal gruppo criminale di Salvatore Di Benedetto, cellula di Raddusa della famiglia retta da Turi Seminara. Il contrasto sarebbe stato rafforzato dal “doppio gioco” del capo, u zu Turiddu infatti da un lato rassicurava di Benedetto dicendo che non era autorizzato a “camminare”, d’altro canto però il boss continuava a relazionarsi con Cutrona da cui – forse – riceveva il denaro provento delle attività illecite.
Cutrona, nonostante le tensioni, continuava a fare il boss del paese e gestiva alcune estorsioni di alcuni imprenditori. E molte volte non li versava nemmeno nella cassa comune. Questo avrebbe provocato “malumori” anche da parte di Cosa nostra catanese. E’ l’inizio del 2015. Dal tono delle conversazioni emergono le fibrillazioni che avrebbero portato a Turi Seminara ad autorizzare l’omicidio di Cutrona. Le fucilate arrivano anche a Turrisi, che come ogni mattina lo accompagnava al lavoro.
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23 Maggio 2016, 05:17