"Un'ascesa appoggiata dalla mafia"| Mercadante, i motivi della condanna - Live Sicilia

“Un’ascesa appoggiata dalla mafia”| Mercadante, i motivi della condanna

Sono durissime le motivazioni della sentenza con cui la Corte d'appello di Palermo, nel marzo scorso, ha inflitto 10 anni e 8 mesi a Giovanni Mercadante, radiologo ed ex parlamentare regionale.

PALERMO – Sono dure, durissime, le parole con cui i giudici della Corte d’appello motivano la condanna per mafia di Giovanni Mercadante: “Il ruolo di rilievo assunto dal Mercadante nell’ambito di Cosa Nostra, proprio sfruttando il proprio formale status di incensurato e di persona insospettabile, gli ha concesso di beneficiare di un lungo periodo di impunità, durante il quale egli ha stabilizzato il proprio rapporto con l’organizzazione mafiosa, ottenendone in cambio l’appoggio per la sua ascesa professionale e politica, così raggiungendo posizioni di primo piano nella vita pubblica siciliana”.

Ed ancora: “Il suo elevato livello culturale e la sua estrazione sociale non lo ‘condannavano’ a tale scelta criminale, che egli ha consapevolmente adottato per biechi fini di tornaconto professionale e personale, risultando anche per questo tanto più grave e deprecabile la sua condotta”.

Ecco perché, secondo la Corte d’appello, Mercadante, stimato medico radiologo ed ex deputato regionale, si sarebbe meritato la condanna a dieci anni e otto mesi per associazione mafiosa inflittagli nel marzo scorso su richiesta del procuratore generale Mirella Agliastro. Una sentenza che ha messo in moto gli avvocati di Mercadante che stanno lavorando al nuovo ricorso per Cassazione. Due anni fa i supremi giudici, infatti, avevano annullato l’assoluzione di secondo grado, stabilendo che doveva essere celebrato un nuovo processo d’appello. L’ex esponente regionale di Forza Italia era stato condannato in primo grado, ma il verdetto era stato ribaltato dopo che Mercadante aveva trascorso oltre quattro anni in custodia cautelare: 12 mesi in carcere e 43 ai domiciliari.

Parente dello storico boss di Prizzi Tommaso Cannella, l’ex parlamentare era accusato di essere stato medico di fiducia delle cosche e punto di riferimento dei boss nel mondo della politica. Di lui parlarono i collaboratori di giustizia Nino Giuffrè, Angelo Siino e Giovanni Brusca. Già indagato in passato, la sua posizione venne archiviata per due volte. Poi, nel 2006, la svolta nell’inchiesta quando nel fascicolo finirono pure le intercettazioni ambientali nel box del capomafia di Pagliarelli Nino Rotolo nel corso delle quali il nome del medico era emerso più volte. Prove giudicate però non sufficienti dai giudici di appello e arrivò l’assoluzione. Annullata dai supremi giudici. I legali della difesa, gli avvocati Nino Caleca e Grazia Volo, hanno sempre bollato come “suggestiva e non supportata da elementi oggettivi” la ricostruzione dell’accusa.

A marzo la nuova condanna decisa dal collegio presieduto da Gianfranco Garofalo, giudice a latere Adriana Piras, relatrice Donatella Puleo. Sono tante le condotte contestate a Mercadante. È accusato di avere curato Bernardo Provenzano, di essere divenuto primario di radiologia all’ospedale Civico di Palermo grazie all’intervento di Siino, di avere intrattenuto “rapporti di inquietante confidenza non limitati al campo medico” con mafiosi del calibro di Antonino Rotolo, Antonino Cinà, Gaetano Sansone ed Angelo Parisi; di avere cercato di influenzare, senza successo, un magistrato del Collegio giudicante del processo che vedeva imputato, fra gli altri, Cannella; di avere stretto patti di scambio elettorale politico-mafioso con esponenti di spicco di Cosa Nostra.

“In cambio di tale disponibilità, egli ha ricevuto interventi pilotati dal vertice di Cosa Nostra per favorirne l’ascesa professionale a ruoli apicali della sanità pubblica palermitana – si legge nella motivazione della condanna di marzo-. Attraverso le plurime condotte analizzate egli ha dimostrato, pur prescindendo da formali adesioni, di avere stretto e consolidato nel tempo, da soggetto insospettabile appartenente alla borghesia palermitana, un patto sociale con l’organizzazione mafiosa e la stabilità del pactum sceleris e dell’affectio societatis è provata, oltre che dalla natura e molteplicità dei contributi dallo stesso messi a disposizione dell’organizzazione mafiosa, dal protrarsi di dette condotte in un lungo arco temporale compreso tra i primi anni ’80 ed il 2005”.

 


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