Mafia, i pentiti incastrano il boss |”Ecco gli uomini di Nino Quaceci”

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03 Marzo 2018, 11:30

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CATANIA – Ai piani alti della mafia militare c’era il boss Nino Quaceci che comandava. A incastrarlo sono stati gli uomini che lui ha cresciuto nel clan Santangelo Taccuni, i nuovi collaboratori di giustizia che hanno destabilizzato la cupola mafiosa del catanese. Le indagini coordinate dal procuratore capo Carmelo Zuccaro si sono avvalse proprio del contributo dei pentiti che hanno raccontato come, subito dopo il “patriarca” storico della famiglia, Alfio Santangelo, ci fosse proprio il suo genero: Nino Quaceci.

I VERBALI DI ROSANO – Proprio il figlio di un padrino, in questo caso Valerio Rosano, con il pentimento accusa Quaceci definendolo “braccio destro di Alfio Santangelo”. “Lo stesso – aggiunge il collaboratore – si occupava di estorsioni, di droga anche se lui stava sempre più defilato e mandava avanti a Nino Crimi che gestiva anche la cassa comune del clan. Era una persona di rilievo del clan ma dopo che è stato arrestato non so dire se ancora dava ordini all’esterno”.

PARLA DI MARCO – Gaetano Di Marco ha deciso di collaborare con la giustizia e svelare i retroscena della mafia catanese. “…Per quanto riguarda il clan Santangelo detti “Taccuni” operanti ad Adrano – ha detto ai magistrati – certamente ho conosciuto vari componenti del clan, anche se dal 2012 in poi i responsabili di tale clan parlavano di più con Pietro Maccarrone e Pietro Severino che erano i responsabili del mio clan. Conosco la maggior parte degli appartenenti al clan Santangelo, e nell’ultimo periodo ricordo che i responsabili erano Nino Santagelo figlio di Alfio e Nino Quaceci. Ricordo anche come appartenenti al clan Nicola Mancuso ed altri che posso riconoscere in foto…. omissis”. Il collaboratore riconosce in foto Nino Quaceci. “Negli ultimi anni – aggiunge il collaboratore – più volte Nino Quaceci è stato detenuto ma tra il 2013 ed il 2014 per un periodo è certamente stato in libertà. Lui era sostanzialmente il reggente del clan avendo preso il ruolo di suo suocero. Molto spesso membri del nostro clan, ed in modo particolare Pietro Severino che era il responsabile, in quel periodo si incontrava con i principali referenti del clan Santangelo quali appunto Nino Quaceci, Nino Crimi di cui ho parlato. Ad esempio ricordo per certo che i soldi delle estorsioni del mercato che ci dividevamo tra i due clan, che io andavo a prendere ogni giorno 20 del mese, io li davo a Pietro Severino e poi o lo stesso giorno 20 o il 21 proprio Nino Quaceci andava da Pietro Severino a ritirare la metà dei soldi che spettavano ai taccuni. Ciò è accaduto sino al 2014 e sino a quando era in libertà il Quaceci. Dopo che è stato arrestato Pietro Severino, reggente del clan Scalisi diventa Pietro Maccarrone e Quaceci parlava con Pietro Maccarrone e facevano affari insieme sia per fare recupero crediti che per il traffico di droga. In sostanza, come ho detto per Nino Crimi, Pietro Maccarrone faceva affari con i taccuni ed in particolare proprio con Nino Quaceci e Nino Crimi”.

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Di Marco ricorda un altro episodio, avvenuto quattro anni fa: “Tino Lo Cicero, titolare di un negozio di lampadari ed altro come ho detto, era sotto la protezione del nostro clan perché lui oltre a darci i soldi per conto del panificio di sua cognata, ci aveva nel tempo dato senza pagamento lampadari, caldaie, elettrodomestici ed altro. Ricordo che la casa di Pippo Scarvaglieri è piena di oggetti presi senza dare soldi proprio da Tino Lo Cicero, ed ero proprio io a prendere tali oggetti dal Lo Cicero. Quindi ricordo che come detto tre o quattro mesi circa prima del mio arresto Lo Cicero venne da me dicendo che era andato da lui Nino Quaceci a dirgli che si doveva mettere a posto e pagare un mensile. In particolare Lo Cicero mi raccontò che dapprima membri del clan Santangelo avevano preso senza pagare una lavatrice, e poi quando il Lo Cicero pretese pagamenti per altri ordini proprio Quaceci gli aveva detto che si doveva mettere in “regola” e pagare un mensile, e quando il Lo Cicero gli aveva detto che pagava la protezione a me il Quaceci gli aveva detto che da quel momento avrebbe dovuto pagare a loro, ovvero ai taccuni. Io chiamai il Maccarrone e andammo dal Lo Cicero io e Maccarrone, e Lo Cicero confermò al Maccarrone le minacce ricevute dal Quaceci, ma Maccarrone non ci credeva”.

 

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03 Marzo 2018, 11:30

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