23 Febbraio 2016, 09:32
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CATANIA- I carabinieri del Ros hanno sequestrato Tecnis e Cogip, le principali imprese del Sud Italia, colossi catanesi con ramificazioni, imprenditoriali, in tutto il mondo. Gli investigatori ipotizzando, però, che le società di Concetto Bosco e Mimmo Costanzo, ai domiciliari per corruzione dopo l’inchiesta della Procura di Roma sull’Anas, abbiano intrattenuto “relazioni pericolose” con pezzi da novanta della mafia. Loro si sono detti sempre estranei, addirittura “vittime” non solo di Cosa nostra, basti pensare che Mimmo Costanzo ha denunciato e fatto arrestare una pattuglia di affiliati alla ‘ndrangheta che chiedevano il pizzo sulla Salerno-Reggio Calabria. Leggi la scheda delle imprese sequestrate.
Ma è nei meandri del clan Santapaola che i carabinieri cercano le radici di quei contatti, rapporti documentati da intercettazioni e appostamenti, che collegherebbero Catania con Palermo. Personaggio chiave è Alfio Aiello, fratello del boss di Catania Vincenzo Aiello, fotografato con Concetto Bosco durante la trattativa per l’acquisto di un terreno sul quale doveva sorgere il nuovo carcere di Bicocca. Un’inchiesta seguita passo dopo passo dal pubblico ministero Antonino Fanara, che ha condotto l’inchiesta Iblis. Secondo il pubblico ministero Fanara, che ha lavorato a stretto braccio col procuratore capo Michelangelo Patanè, “tutte le imprese riconducibili alla famiglia Costanzo, e tra queste anche la Tecnis SpA, hanno corrisposto regolarmente somme di denaro alla famiglia catanese di cosa nostra a partire dagli anni ‘90 ed almeno fino al febbraio 2011”.
TECNIS E IL PIZZO ALLA MAFIA- Agli atti dei carabinieri del Ros ci sono le dichiarazioni di un certo Ranno, dipendente di Giuseppe Costanzo, padre di Mimmo, dal 1970 al 2010, secondo cui “l’impresa già a decorrere dalla fine degli anni ‘80 ricevette le prime richieste estorsive”. In questo caso Tecnis appare “vittima” della mafia. In un primo momento, secondo Ranno, “il fatto venne denunciato alle forze dell’ordine che avevano tentato di arrestare gli estortori in flagranza senza riuscirvi”. Nel 1990, invece, Giuseppe Costanzo, “allorché venne reiterata -ricostruiscono i carabinieri- la richiesta di denaro, diede disposizioni al Ranno di cercare Campanella, del quartiere catanese di Picanello, con il quale concordò il pagamento di un milione al mese”.
Nel 1995 Rosario Tripoto, uomo d’onore di Cosa nostra, condannato per associazione mafiosa, appartenente al gruppo di Picanello, chiese ed ottenne il raddoppio della cifra. Nel 2002, sempre su richiesta di Tripoto la somma venne ancora raddoppiata. Pagando pizzo, le imprese di Costanzo e Bosco avrebbero agevolato l’associazione mafiosa consentendo “la gestione delle spese ordinarie del gruppo”.
Nel 2005 Ranno sarebbe stato incaricato, dalla cupola, di risolvere il problema delle richieste di denaro formulate nel territorio della provincia di Messina con riferimento ai lavori della galleria Scianina. Dopo una serie di trattative, nel corso delle quali un emissario di cosa nostra barcellonese, Carmelo Bisognano, aveva chiesto la consegna di 800.000,00 euro, pari al 2% dell’importo dell’appalto, sarebbe stato raggiunto un accordo a seguito di un incontro avvenuto a Catania tra lo stesso Ranno, Carmelo Bisognano, Angelo Santapaola, Rosario Tripoto ed un altro soggetto di Messina, in base al quale l’impresa avrebbe corrisposto 5000 euro al mese fino alla fine dei lavori, da consegnare a Angelo Santapaola.
“L’accordo -secondo i carabinieri- venne rispettato fino al maggio del 2007 perché l’impresa subì un furto nel cantiere della galleria Scianina e Costanzo non volle più pagare in difetto di riconsegna del mezzo”.
Nel 2008 si sarebbero presentati in azienda Aiello e Tripoto, che avrebbero chiesto il pizzo sulla galleria Scianina, decurtata la cifra corrispondente al valore dei mezzi rubati. In epoca successiva il denaro venne corrisposto all’organizzazione mafiosa barcellonese fino al 2009 ed alla famiglia catanese fino al febbraio 2011.
TECNIS E I PALERMITANI. I carabinieri del Ros ipotizzano l’esistenza di un messa a posto che doveva essere corrisposta da Concetto Bosco ad esponenti della famiglia mafiosa di Corleone per dei lavori svolti in quel territorio; in particolare, secondo il collaborante Gaspare Pulizzi, una delle questioni “di comune interesse per le quale erano stati presi dei contatti tra i Lo Piccolo e gli esponenti catanesi di Cosa nostra, era quella riguardante una messa a posto richiesta da Rosario Lo Bue, reggente del mandamento di Corleone, per dei lavori effettuati in quel territorio da una ditta di Acireale di proprietà di “certo geometra Bosco”.
Pulizzi, aggiungeva che la “messa a posto” era andata a buon fine grazie all’intervento dei catanesi. Il Ros ha accertato che “l’associazione temporanea di imprese formata da Tecnis, Cogip e Sigenco, era all’epoca impegnata, lungo la S.S. n.118 “Corleonese – Agrigentina”, nei lavori di sistemazione ed adeguamento della piattaforma stradale”. Su queste basi hanno identificato in Concetto Bosco Lo Giudice il soggetto chiamato in causa da Pulizzi. I contatti in questione sono emersi nell’operazione Patria, Tecnis avrebbe affidato uno dei subappalti a un’impresa “facente capo alla famiglia Aloisio -scrive il Ros- vicina a Bernanrdo Provenziano, ciò è avvenuto su richiesta dei Lo Piccolo”.
I carabinieri si sono concentrati anche sui lavori per la realizzazione del tratto della metropolitana di Palermo Politeama-Giachery, per i quali il boss Vincenzo Aiello il 09.06.2007, nel periodo in cui si relazionava con i Lo Piccolo e ancora prima della aggiudicazione formale della gara da parte della Tecnis del giugno 2007, “manifestava tutto il suo interesse -si legge nell’informativa del Ros- nella convinzione di potere direttamente intervenire in detto affare proprio grazie ai buoni rapporti in atto con gli affiliati palermitani”.
Dopo una nuova gara indetta da Italferr, la Tecnis si aggiudicava nuovamente i lavori per la realizzazione del tratto della metropolitana di Palermo Politeama-Giachery, per 75.978.828,03 di euro. Nel covo di Salvatore Lo Piccolo è stato rinvenuto un pizzino (guarda foto a lato), contenente riferimenti alla Cogip, impegnata nei lavori dello scalo aeroportuale di Palermo – Punta Raisi. Un fatto emerso con l’operazione Golem nel 2007, quando i Lo Piccolo, tramite Angelo Santapaola e Vincenzo Aiello, “volevano stabilire -scrivono i carabinieri- un contatto con l’assetto imprenditoriale impegnato nello scalo di Palermo”
I RAPPORTI CATANESI. C’è una doppia intestazione fittizia nell’inchiesta Iblis che fa tremare, da anni, Bosco e Costanzo. L’intestazione riguarda la Agro.Si, i cui titolari sarebbero due “teste di legno” individuate in Pietro Guglielmino e Alessandro Roccella. L’utilizzo di prestanome emergerebbe anche in relazione alla titolarità di un terreno di 25 ettari nell’area limitrofa al penitenziario catanese di “Bicocca”. L’appezzamento venne comprato nel 2006 per 360 mila euro e rivenduto in poco tempo a 3 milioni e 846 mila euro. Una plus-valenza enorme pagata dalla Tecnis s.p.a, società dell’imprenditore Mimmo Costanzo e Concetto Bosco che opera su scala nazionale e internazionale nel settore delle grandi infrastrutture. Proprio nel giugno 2006 la società presentò al DAP (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria), un mega progetto in project financing per l’ampliamento del carcere. 40 ettari in totale di cui 25 nel terreno poi riconducibile ad Aiello ma formalmente intestato a Guglielmino. “Il preliminare per la cessione- ha affermato il Pg Siscaro – venne stipulato nell’ottobre 2006 tra la Tecnis e Aiello”. A spiegare ai magistrati i dettagli dell’operazione è stato in sede d’interrogatorio l’imprenditore acese Orazio Bosco Lo Giudice, fratello di Concetto, entrambi soci nella Tecnis “Non so dire per quale motivo – ha spiegato – l’operazione è stata conclusa con Aiello che non era il proprietario del terreno […] Ci siamo fidati del mediatore e dell’avvocato, visto che conoscevamo entrambi. Ne prima ne dopo ci siamo informati su chi fosse Alfio Aiello, non essendo certo che lo stesso avesse avuto problemi con la giustizia né tantomeno il fratello”. L’operazione, dopo la formale presentazione all’imprenditore della presunta “testa di legno” all’interno della sede di una società di Aiello, venne conclusa, nonostante quattro giorni dopo la stipula dell’opzione, il direttore generale del DAP poneva uno stop all’opera di ampliamento del carcere. A fugare i possibili dubbi sulla posizione di Bosco, c’è un intercettazione nell’inchiesta “Iblis” in cui Vincenzo Aiello, fratello di Alfio, lo definisce non avvicinabile, braccio destro dell’imprenditore Andrea Vecchio: “E’ un carabiniere [..] e una casemma di Carabbineri”. Gli inquirenti sostengono che, attraverso il pagamento del pizzo, il boss Angelo Santapaola sarebbe stato agevolato “allorchè ha potuto dimostrare di poter influire su di essa, guadagnando in tal modo credibilità sia nei confronti delle famiglie palermitane (per l’impresa segnata da Lo Bue per il tramite di Lo Piccolo) sia nei confronti delle famiglie operanti nel messinese”.
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23 Febbraio 2016, 09:32