20 Giugno 2015, 15:00
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PALERMO – Se ne andava in giro come se nulla fosse. Come se nel giugno 2011 non fosse uno degli uomini più ricercati di Palermo. Scooter, giornale in mano, camicia fuori dai pantaloni, maglione sulle spalle e andatura claudicante per via di un problema alla caviglia: Antonino Lauricella, boss della Kalsa, soprannominato “u scintilluni”, sembrava tutto fuorché un latitante.
Nelle carte dell’inchiesta sulla mafia di Pagliarelli, sfociata nelle scorse settimane nel blitz Verbero dei carabinieri, ci sono pure alcuni suoi scatti. Scatti che gli investigatori hanno confrontato con quelli dell’arresto di Lauricella. Negli uffici della Squadra Mobile il latitante sembrava un turista un po’ strambo con quei pantaloni a trequarti e la bandana in testa.
Le immagini del giugno precedente lo ritraevano mentre arrivava nel chiosco di fiori che Emilio Pizzurro (sarebbe stato arrestato nel 2013 per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso ndr), gestiva in corso Calatafimi. Poco dopo le 9 del mattino, in sella ad un Sh di colore grigio, e senza togliere il casco si avviava dentro l’attività commerciale. Subito gli amici di Pizzurro, che non si trovava nella rivendita di fiori, si attivarono per metterlo a conoscenza della visita. Usavano un linguaggio criptico: “Stai scendendo?… perché c’è da andare a lasciare un mazzo di fiori… un amico nostro”; “… c’è … un’ amica sua ‘sciancata’ che deve parlargli… vacci, hai capito? e lo fai venire, chiamalo, a tuo zio Emilio…”; “ma senti una cosa, è quello che penso io?…”.
Due mesi dopo, il 12 settembre, finiva la latitanza di Lauricella. Il re della Kalsa, ricercato dal 2005 per scontare sette anni e mezzo di carcere, circolava nei vicoli del popolare rione Ballarò. Gli agenti della sezione Criminalità diffusa della Squadra mobile lo avevano pedinato fino alla decisione di intervenire. Ai poliziotti disse di chiamarsi Salvatore Messina. Non aveva documenti addosso. Condotto negli uffici della Mobile continuò a negare la sua vera identità. Poi, capì di non avere altra scelta. “Sono io Lauricella”, ammise complimentandosi con chi lo aveva arrestato.
Sembrava più un turista che un latitante. Certamente ben diverso dalle foto d’archivio in possesso degli investigatori. Camicie Burberrys, pantaloni con la piega perfetta, scarpe lucide, sempre elegante anche quando prendeva i soldi che gli consegnavano costruttori, salumieri, pasticceri negozianti. Da qui il soprannome “scintilluni” a cui preferiva, però, quello di “Nino il Bello”, come disse nel corso di un processo.
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20 Giugno 2015, 15:00