15 Luglio 2018, 19:17
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PALERMO – Benedetto Napoli non sarebbe l’unico costruttore spinto dai boss, è una delle rivelazioni del pentito Macaluso, contenute in uno speciale del mensile “S” presente in edicola. Il pentito sostiene infatti che “nella zona di Porta Nuova Vito Scarpitta ebbe un periodo di avvicinamento con Paolo Calcagno che lo stava aiutando… lo facevano lavorare… quando si parlò di sistemare questi lavori in via Montepellegrino che erano in mano a Giuseppe Ferrante… (in un passaggio successivo aggiungerà che ‘stava costruendo una decina di appartamenti, a lato all’Alfa, una decina di garage e tre o quattro negozi’)…”. E racconta i retroscena dell’accordo: “… gli dissi Paolo ma tu hai a qualcuno che può investire quattrocento mila euro per dei lavori che dobbiamo fare?… mi disse certo che ce l’ho… l’indomani fecimo un appuntamento in viale Strasburgo a casa di Giuseppe Ferrante e venne Mimmo Tantillo, Ludovico Scurato, questo Scarpitta e Calcagno… Giuseppe ne parlò con Vincenzo Graziano prendendosi l’impegno che i lavori di carpenteria li avremmo fatti noi come parte di Resuttana e poi si sarebbe decisa una tantum che Giuseppe ci avrebbe dato”.
Al cantiere di Montepellegrino non tutto filò liscio: “Giuseppe affrontò diversi problemi in questo lavoro perché fu messo fuori da Adriano Pizzimenti… (aveva comprato il terreno con Ferrante) con l’aiuto di omissis, uomo d’onore della famiglia di Corso Calatafimi…”.
Altro giro di dichiarazioni, altro omissis a celare un nuovo personaggio della mafia palermitana: “Giuseppe si rivolse a noi dicendo che era andato al negozio di corso Calatafimi e trovò questo omissis, dice io sono… tu qua non devi più venire, lavori non ne puoi fare, ora ce ne occuperemo noi di questi lavori… la presimo a ridere in quella zona aveva ben poco da dettare leggi… ne parlammo subito con omissis… abbiamo detto a omissis di fargli sapere di redimersi perché sarebbe finita male e di mandare subito i soldi a Sergio Napolitano perché non lo potevano più tenere e voleva conto e ragione da omissis come capo mandamento di corso Calatafimi”.
Dopo la perentesi sul personaggio misterioso, anche se a giudicare dalla sue parole potrebbero essere più di uno, Macaluso torna a parlare del cantiere: “A Scarpitta il lavoro gli sembrò interessante… poteva mantenerlo perché ci spiegò che anche se aveva la ditta chiusa per un problema che avevano avuto un sequestro a Pallavicino, ma aveva intestato la ditta alla moglie…”. E arriva il giorno di un altro appuntamento. Cambia il luogo, ma non i partecipanti: “Ci incontrammo in una parruccheria che era nelle mani di Paolo… Domenico Tantillo dove facevano appuntamenti, ci diedero una stanza… Tantillo mi ricordo che portò un apparecchio che serviva per rintracciare segnali… se eravamo intercettati.. camminava sempre cu stu coso… un apparecchio con cinque antenne… parlammo con Scarpitta che poteva dare un acconto di ottanta mila euro e poi diversi assegni a Giuseppe Ferrante… il lavoro andò a monte con Scarpitta… il cugino di Graziano, Pino Di Maria lo prese con un accordo di dare quaranta mila euro a titolo estorsivo a noi… poi se la sbrigava lui perché erano amici con Giuseppe Ferrante… poi a me mi arrestarono”. Tutti i particolari sul mensile “S”.
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15 Luglio 2018, 19:17