Mafia, Li Causi e il bar dello stadio | Dall’arresto in aula al sequestro

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02 Agosto 2017, 17:55

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PALERMO –  Lo arrestarono due anni fa in aula, quando la Corte d’appello ribaltò l’assoluzione di primo grado e lo condannò a otto anni di carcere. Ora per Giovanni Li Causi, ex gestore del bar all’interno dello stadio Barbera, è scattato il sequestro dei beni disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo sulla scorta delle indagini dei carabinieri.

Li Causi si era messo a disposizione, favorendone la scala al potere, di Giulio Caporrimo, boss di San Lorenzo recentemente scarcerato dopo avere scontato dieci anni di carcere.

Nel corso delle indagini venne fuori che i mafiosi si davano un gran da fare per controllare le assunzioni e l’affitto degli spazi espositivi nel centro commerciale Conca d’Oro costruito da Maurizio Zamparini. Il patron rosanero, parte lesa e all’oscuro delle trame in tutta la vicenda, si era affidato a una ditta milanese, “agganciata”, secondo l’accusa, da un uomo del clan. E cioè da Giovanni Li Causi.

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Il suo nome campeggiava su uno striscione esposto nel 2011 allo stadio. “Giovannello grazie di esistere”, c’era scritto. Sarebbe stato l’epilogo dello scontro sulla gestione di un locale notturno che avrebbe visto fronteggiarsi alcuni pezzi grossi della mafia palermitana. “Giovannello” Li Causi sarebbe stato chiamato in causa per tentare una mediazione fra due persone che si contendevano la gestione del locale. E fu ringraziato con lo striscione.

Sotto sequestro finisce la ditta individuale che gestiva il bar dello stadio – nel frattempo ha cambiato gestione e la nuova società è estranea all’inchiesta – conti correnti, due mezzi e una villa a Carini. Il tutto per un valore di un milione di euro.

 

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02 Agosto 2017, 17:55

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