Mafia e morte fra Sicilia e Canada | L’uomo seduto alla “destra di Dio”

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08 Giugno 2016, 16:57

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PALERMO – A Montreal è riesplosa la guerra di mafia. O, meglio, si è tornati ad ammazzare dopo una parentesi di calma apparente. Prima hanno assassinato Rocco Sollecito e poi Angelo D’Onofrio. Il primo era considerato un uomo del clan Rizzuto. D’Onofrio invece, secondo la polizia canadese, sarebbe vittima di un errore di persona. I killer lo hanno freddato pochi giorni fa al Bar Hillside, in Rue Fleury. Il sospetto è che sia stata scambiato per Antonio Vanelli, altro presunto esponente del clan Rizzuto. Un clan che per decenni ha dominato la sesta famiglia della mafia canadese e che oggi è costretto a rintuzzare per l’avanzata dei calabresi.

È in Sicilia che si può e si deve guardare per capire cosa sta accadendo in Canada. Ecco perché abbiamo deciso di dedicare un approfondimento a puntate alla mafia canadese. Si parte dalle indagini dei carabinieri del Ros di Palermo sul duplice omicidio di Ramon Fernandez e Fernando Pimentel, avvenuto la sera del 9 aprile 2013 nelle campagne bagheresi. A Palermo è in corso un processo, che vede imputati i fratelli Salvatore e Pietro Scaduto, in cui sono confluite le indagini dei militari del Reparto operativo speciale allora guidato dal colonnello Fabio Bottino. Mettendo assieme gli esiti di quelle indagini e altro materiale giudiziario si ottiene il quadro investigativo che porterebbe a sostenere l’ipotesi che l’ordine di uccidere i due narcos al soldo dei clan canadesi sia partito dai Rizzuto.

Dal 2004 al 2012 si fronteggiati con il piombo due fazioni: quella legata Vito Rizzuto e quella capeggiata da Raynald Desjardin, luogotenente di don Vito che, approfittando della detenzione del capo, avviò la scalata al potere. Sotto il fuoco dei killer caddero l’anziano Nick Rizzuto – padre di Vito – il figlio Nicola, lo zio Paolo Renda e tanti altri ancora. A tracciare la pista canadese per il duplice omicidio di Bagheria è stato Salvatore Carbone che prima di diventare pentito aveva vissuto spalla a spalla con i mafiosi di Toronto. Secondo Carbone, Juan Ramon Fernandez avrebbe pagato con la vita il suo tradimento. Era legato a Rizzuto, ma avrebbe appoggiato Desjardin.

Montreal e Toronto, la prima nella regione del Quebec e la seconda capitale dello stato dell’Ontario, sono le due città dove la mafia si è ramificata di più. Tutto iniziò quando oltreoceano giunse Nick Rizzuto, originario di Cattolica Eraclea. Erano gli anni Cinquanta. Due decenni prima la mafia americana aveva conosciuto una radicale ristrutturazione ad opera di Salvatore Lucania, meglio noto come Lucky Luciano. Fu lui, leader emergente della famiglia Genovese, a dividere la città di New York in cinque famiglie. Una di queste, i Bonanno, mise gli occhi sul territorio canadese ed entrò in contatto con i siciliani emigrati. L’intermediario era Carmine Galante che, su mandato delle famiglie newyorkesi, si fece affiancare dal calabrese Vincent Cotroni e dal siciliano Luigi Greco. Fu avviata la macchina del racket e, soprattutto, il grande traffico degli stupefacenti.

Ed è in questo secondo campo che primeggiò la figura di Nick Rizzuto, forte dell’appoggio dei Cuntrera-Caruana che di polvere bianca erano grandi esperti. Rizzuto entrò in contrasto con il calabrese Paul Violi, crivellato di colpi nel 1978. Rizzuto aveva campo aperto. Il passaggio successivo fu l’alleanza con Joe Massimo, astro nascente della famiglia Bonanno che aveva riperso potere. Massimo, però, era molto ambizioso e trovò nel clan Rizzuto la carta vincente. I Rizzuto lo avrebbero appoggiato per sbarazzarsi dei Bonanno e in cambio don Vito avrebbe avuto la possibilità di creare la sesta famiglia. A suggello di un patto così importante, Joe Massino pretese che il figlio primogenito di Nick Rizzuto, Vito, partecipasse all’organizzazione dell’agguato per sterminare i Bonanno. Era il 1981. I Rizzuto erano divenuti in signori del Canada.

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Un ventennio dopo, nel 2004, la storia presentò il conto. Joe Massimo si pentì e fece arrestare e condannare Vito Rizzuto a otto anni di carcere. Quando fu scarcerato, nel 2012, esplose la guerra con Desjardin. Don Vito voleva e doveva vendicare una lunga scia di sangue: 28 dicembre 2009, omicidio del figlio Nick; 2 maggio 2010, la lupara bianca inghiottiva Paolo Renda, anziano consigliori del clan; 30 maggio 2010, omicidio di Agostino Cuntrera, considerato il reggente della famiglia; 10 novembre 2010, omicidio del patriarca ottantaseienne Nicola Rizzuto. Due anni dopo, però, il cancro uccise don Vito.

Chi è rimasto vivo del vecchio clan? Fino a pochi giorni fa vivo era Rocco Sollecito, pure lui crivellato dai killer. L’eredità sarebbe rimasta a Leonardo, figlio di don Vito. Torniamo in Sicilia. La famiglia Rizzuto aveva la sua roccaforte a Montreal. Nel progetto di espansione a Toronto era emersa la figura di Guy Panepinto, il cui braccio destro era Juan Ramon Fernadez, l’uomo ammazzato a Bagheria. Quando nel 2000 Panepinto fu assassinato, Fernandez, soprannominato Joe Bravo, divenne il referente di Cosa nostra a Toronto per conto di Vito Rizzuto. Arrestato nel 2002, dopo avere scontato dieci anni di carcere per traffico di sostanze stupefacenti, Joe Bravo fu espulso dal Canada e trovò riparo a Bagheria. C’è un’immagine, tratta da alcuni libri americani e inserita nelle informative dei carabinieri, che la dice lunga sulla sua scalata al potere. Ramon Fernandez è seduto accanto a Vito Rizzuto, con alle spalle altri soggetti, uno dei quali Frank Campoli che ritroveremo tra i suoi contatti bagheresi. “Mi sono seduto alla destra di Dio”, diceva Fernandez parlando di quella foto. Gli investigatori palermitani lo stavano già intercettando.

Continua

 

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08 Giugno 2016, 16:57

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