Mafia, rischio scarcerazioni | Ricusato anche il secondo giudice

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31 Gennaio 2014, 17:20

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PALERMO – Il rischio scarcerazioni resta alto. Il punto è che non si sa ancora sulla mano di quale giudice finirà la patate bollente. Perché anche il secondo Gup, quasi sicuramente, dovrà astenersi. Il processo in abbreviato al clan mafioso della Noce riserva un’altra sorpresa.

Nei giorni scorsi gli avvocati Marco Giunta e Tommaso De Lisi (difensori di Vincenzo Tumminia e Fabio Chiovaro) avevano “costretto” il giudice Angela Gelardi ad astenersi, facendo notare che si era già occupata dell’inchiesta nella fase preliminare, concedendo una proroga per alcune intercettazioni nell’estate del 2012. Di fatto aveva anticipato un giudizio di merito sulle accuse, riscontrando i gravi indizi di colpevolezza necessari per autorizzare l’ascolto delle conversazioni delle persone indagate.

E così oggi, alla ripresa del dibattimento, in udienza si è presentato un altro Gup, Gugliemo Nicastro. E si è ripetuta la scena. Stavolta sono stati i difensori di Renzo Lo Nigro, gli avvocati Debora Speciale e Giovanni Castronovo, a ricusare il nuovo giudice. Anche lui, infatti, ha già firmato una proroga di intercettazioni.

Giorno 4 febbraio si saprà, finalmente, chi sarà il giudice designato. Nel frattempo, però, i legali di tutti e 41 gli imputati hanno presentato un’istanza di scarcerazione, sostenendo che l’astensione del primo giudice, la Gelardi, “annulla l’intera fase dibattimentale”. Se così fosse, e il rischio è concreto, i termini di custodia cautelare – un anno dagli arresti avvenuti ad ottobre 2012 – sarebbero già scaduti. Di diverso avviso in Procura, dove sono convinti che i termini scadranno in aprile. Di certo si profila una corsa contro il tempo con un calendario serrato di udienze. Peccato, però, che – pronti, via – è arrivato il primo stop forzato.

Il blitz della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra mobile azzerò le famiglie della Noce, di Cruillas e di Altarello. Il mandamento sarebbe stato retto da Fabio Chiovaro e Franco Picone. Chiovaro, finito in carcere nell’ottobre del 2010, era stato costretto a farsi da parte fino a maggio del 2011. Una volta tornato in libertà si era ripreso lo scettro del comando. La prima faccenda da affrontare fu il conflitto con gli scissionisti. Un gruppo di ribelli, approfittando della sua assenza, aveva provato a scalzarlo. E si erano meritati l’appellativo di stiddari. Salvatore Seidita sarebbe stato alla guida del gruppetto dei ribelli, poi rientrati nei ranghi, composto da Giuseppe Sammaritano, Umberto Maltese e Antonino Bonura. La mappa del potere degli investigatori piazzava Gaetano Maranzano alla guida della famiglia di Cruillas, coadiuvato da Domenico Spica. Ad Altarello, invece, avrebbe comandato Vincenzo Tumminia.

I reati contestati nel processo vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, dal traffico di droga all’interposizione fittizia, al possesso di armi. Cambiava la mappa del potere, ma l’imposizione del pizzo restava una costante per vecchi e nuovi boss. Tanti, troppi commercianti e imprenditori continuavano a pagare. Alcuni, però, trovarono la forza di denunciare. Ad esempio, i vertici della Magnolia fiction. Perché i boss erano andati a imporre la messa a posto persino sul set dello sceneggiato I Segreti dell’acqua con Riccardo Scamarcio.

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31 Gennaio 2014, 17:20

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