Sposa la figlia del killer di suo padre | Quando l’amore supera l’odio

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19 Gennaio 2015, 06:00

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PALERMO – Ha sposato la figlia dell’uomo che ha ucciso suo padre. L’amore può sbocciare laddove meno te lo aspetti. In mezzo al fetore della mafia e al rosso del sangue dei morti ammazzati. Può superare gli steccati dell’odio. Si può amare persino la figlia dell’uomo che ti ha reso orfano. Che venticinque anni prima è stato il killer di tuo padre, crivellato di colpi in una delle tante, troppe faide mafiose di una terra martoriata. Il figlio di un boss assassinato può diventare egli stesso un mafioso eppure avere la capacità di coltivare un sentimento che il codice d’onore (?) di Cosa nostra non prevede: il perdono.

In un paese della provincia, ad una manciata di chilometri da Palermo, tutto questo è storia. Due giovani, oggi quarantenni, hanno messo una pietra sopra il passato. Lui è il rampollo di un casato di mafia. Porta un cognome che conta nello scacchiere della Cosa nostra che ha fatto e fa la voce grossa in provincia, e dialoga con i boss della città. Anni fa scampò all’ergastolo in un processo che affondava le radici in un blitz dei carabinieri che rese “nero” alle cronache il venerdì dei clan che regnavano fra Bagheria e Villabate. Giovani killer se ne andavano in giro ad ammazzare la gente, a consumare vendette trasversali contro i pentiti che raccontavano infamità. E proprio un pentito ci ricorda ora che può nascere amore dove ci sono odio e morte. Venticinque anni fa i killer si appostarono sotto casa del boss e padre dello sposo, entrato in rotta per il potere con i vecchi capi che non gradivano l’avanzata dei corleonesi. In estate, come fanno in tanti, si trasferiva nelle case di villeggiatura lungo la costa palermitana. Si può sfuggire al caldo. Non ai killer che avevano deciso di consumare la vendetta contro il traditore che si era schierato con Totò Riina.

L’uomo che si sarebbe fatto poi pentito e il suo compare impugnavano fucili da caccia. Un prima sventagliata di pallettoni. La vittima provò a scappare. Il sangue che gli veniva fuori dalle viscere era ancora caldo. Riuscì a fare poco più di cento metri a piedi. In mezzo alla gente che stava tornando dal mare gli piovvero addosso altre due fucilate. Stramazzò per terra. Toccò al compare del pentito l’onore del colpo di grazia . Era per lui più facile ipotizzare di finire ammazzato, come sarebbe avvenuto alcuni anni dopo, piuttosto che solo immaginare che quell’ultima fucilata l’avrebbe sparata al padre del genero che non avrebbe conosciuto. Nessuno dei due, vittima e carnefice, si sarebbe commosso guardando due giovani all’altare quando, venticinque anni dopo, la figlia del killer avrebbe sposato il figlio del boss morto ammazzato. Un incrocio di destini.

La ragazza oggi si divide fra il duro compito di crescere dei bambini e i viaggi per i colloqui con il marito. Le carceri sono piene di donne e bambini che aspettano in fila per guardare i propri cari negli occhi oltre il vetro che li separa. Così come sono pieni i Tribunali di parenti che si radunano all’esterno dei Palazzi di giustizia per scorgere il volto dei detenuti attraverso il finestrino del pullman che li conduce in aula per le udienze.

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Là fuori c’è stata mille volte anche lei, la protagonista della storia d’amore che vi raccontiamo. Era poco più che una una bimba quando suo padre ammazzava il padre dell’uomo che sarebbe diventato suo marito, a cui avrebbe deciso di legare il suo destino. Un destino segnato, ancora una volta, da Cosa nostra. Ora lei attende, ore e ore, l’arrivo in Tribunale del marito che l’ha lasciata da sola facendosi arrestare. Il suo, e dei suoi familiari, d’altra parte, è un cognome che pesa nella mafia palermitana. Quando c’è stato da serrare i ranghi e resistere alle raffiche di arresti, non si è tirato indietro. Ha risposto signorsì ai vecchi padrini. I nomi dei protagonisti della storia li teniamo celati. Ci sono dei minorenni da tutelare, così come il diritto alla riservatezza per una faccenda che affonda le radici nella cronaca, ma che sfocia nei rapporti intimi e familiari.

La dottrina degli opposti è antica di millenni. Il mondo si regge sul rapporto fra i contrari che lottano fra di loro. Possiamo identificare il caldo – dicevano i primi pensatori – solo perché sappiamo che esiste il suo contrario, che chiamiamo freddo. La guerra dei contrari è solo apparente, però. In profondità gli opposti non fanno a pugni. Amore e odio non sono più due facce di una stessa medaglia. Nella profondità del cuore non esistono gli steccati dell’odio. Almeno così ci piace credere sia avvenuto per i due bambini che seppero della terribile storia dei padri, ma che, una volta adulti, scelsero lo stesso di amarsi. Peccato che il fetore della mafia abbia ammorbato anche la loro nuova casa. Lui non ce l’ha fatta ad affrancarsi fino in fondo, a trovare nell’amore la svolta definitiva. Ora è in carcere. Peccato davvero.

 

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19 Gennaio 2015, 06:00

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