L’omicidio di Enzo Fragalà| Il pentito “attendibile e credibile”

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20 Aprile 2017, 20:07

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PALERMO – Il pentito Francesco Chiarello è “un soggetto credibile e attendibile”. Il suo racconto “è sempre rimasto costante sia con riferimento alle fasi antecedenti all’aggressione sia con riferimento alle fasi successive”. È uno dei passaggi della motivazione con cui il Tribunale del Riesame, presieduto da Gabriella Di Marco, ha respinto nei giorni scorsi il ricorso degli indagati per l’omicidio dell’avvocato Enzo Fragalà.

Sono rimasti in carcere Francesco Arcuri, Paolo Cocco, Antonino Abbate, Salvatore Ingrassia e Antonio Siragusa. Il sesto indagato, Francesco Castronovo, non aveva fatto ricorso. Fragalà sarebbe morto in ospedale dopo essere stato selvaggiamente picchiato sotto il suo studio. Al penalista, secondo l’accusa, i boss non perdonarono l’atteggiamento collaborativo che faceva assumere ai propri assistiti. E scattò la spedizione punitiva culminata nell’omicidio.

A fare riaprire il caso sono state le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Chiarello. È vero che il suo racconto presenta delle contraddizioni rispetto a quanto riferito da alcuni testimoni oculari sul numero delle persone che parteciparono al pestaggio. Altrettanto vero è, pero, che i testimoni potrebbero avere assistito soltanto a una parte della spedizione punitiva. Così come, secondo il Riesame, si deve tenere conto che molti particolari Chiarello sostiene di averli appresi da Ingrassia, la cui versione “sembra proprio viziata dalla volontà di ridurre al minimo le responsabilità del genero – Francesco Cocco – ed evitare che si diffondesse la notizia disdicevole in ambienti mafiosi che infine ad agire e a commettere un delitto voluto da Cosa nostra non erano stati soggetti intranei o più vicini al sodalizio mafioso bensì soggetti le cui relazioni con l’associazione mafiosa erano probabilmente meno rilevanti”.

Di fatto Chiarello, attribuendo le responsabilità del delitto alla famiglia del Borgo Vecchio, confermerebbe, approfondendole, le dichiarazioni di un’altra pentita del clan, Monica Vitale, e anche ciò che emergeva dalla conversazione in carcere fra Giovanni e Giuseppe Di Giacomo che tiravano in ballo “quelli del Borgo”.

Nessun dubbio da parte dei giudici del Riesame sulla qualificazione giuridica del fatto come “omicidio volontario”. Così scrivono nella motivazione: “È altamente probabile che i soggetti che hanno materialmente proceduto a infliggere i colpi all’avvocato Enzo Fragalà, nell’ambito di una spedizione punitiva, volessero la morte del legale o che, comunque, fosse per loro indifferente ucciderlo o provocargli lesioni e che in ogni caso il rischio della morte del penalista fosse un’eventualità del tutto prevedibile, prevista e accettata”.

Nel caso di Arcuri, ritenuto l’organizzatore della spedizione punitiva, il Riesame sottolinea: “Vero è che risulta chiaramente come l’Arcuri non volesse la morte dell’avvocato, avendo organizzato la spedizione punitive, che doveva limitarsi a un pestaggio per lanciargli un messaggio, ma deve ritenersi che l’evento morte fosse in maniera evidente prevedibile, quale conseguenza dell’aggressione medesima”.

 

 

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20 Aprile 2017, 20:07

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