La violenza per scalare Cosa nostra | Quella rissa finita in omicidio

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23 Agosto 2017, 07:15

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PALERMO – “L’anziano rimaneva quindi incastrato tra le due macchine mentre Cosimo Geloso accelerava ripetutamente, almeno tre volte, per comprimere il corpo dell’uomo che veniva quindi schiacciato, finché non stramazzava al suolo”. Sono le parole con cui il giudice per le indagini preliminari descrive l’orrenda morte di un anziano di 73 anni. Sembrava un incidente stradale ed invece è stato un omicidio.

È una storia di degrado e violenza urbana prima ancora che di mafia. Di offese verbali che scatenano la follia omicida, di donne che si armano di utensili da cucina e vanno in strada al fianco dei mariti per fare valere le ragioni del più forte, del tentativo maldestro di nascondere il colpevole. La cronaca del blitz di Brancaccio mostra il volto degradato di Palermo.

L’anno scorso Cosimo Geloso è stato condannato a dieci anni e otto mesi per l’ omicidio di Enrico Giurintano. I pm di anni di carcere ne avevano chiesto 30, ma la Corte ha stabilito che si sarebbe trattato di un omicidio non volontario ma preterintenzionale, conseguenza cioè di un’azione violenta.

Lo scorso luglio a Geloso è stata notificata in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare. Il venticinquenne sarebbe affiliato alla famiglia mafiosa di Brancaccio e per conto dello zio Giuseppe Caserta, pure lui finito in cella, avrebbe riscosso il pizzo dai commercianti e custodito il libro mastro del clan. Un ruolo delicato a dispetto della sua giovane età visto che nella contabilità ci sono i nomi e gli stipendi dei detenuti. I pizzini con i riferimenti al gotha di Brancaccio, a cominciare dai fratelli Graviano, erano nascosti dentro una scatola di cartone in casa della moglie di Geloso, Adele Rita Micalizzi.

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Il 15 maggio 2015 sul telefono di Caserta giungono diverse telefonate. In vicolo Faraone se le stanno dando di santa ragione. Nella rissa è coinvolta anche la moglie di Caserta, Matilde Mattaliano. L’epilogo tragico è la morte dell’anziano. All’inizio i presenti cercano di depistare le indagini, addossando le responsabilità a un pirata della strada. Poi, però, alcuni testimoni raccontano la verità. La scintilla è scoppiata il giorno prima quando per le strade di Brancaccio si sono incrociati due scooter. Sul primo primo viaggiano le nipoti della vittima, nell’altro Cosimo Geloso e la moglie. Le famiglie si odiano da tempo. Dissapori fra parenti. Volano insulti e poi quella frase “ammazzale”. Ed è a quel punto che la moglie di Geloso avrebbe colpito con un calcio lo scooter delle ragazze.

Il resto è un’escalation di violenza. Il padre delle ragazze cerca di discutere con i Geloso. Torna a casa, in via Pennino. Ha il volto sanguinante. Gli hanno rotto il naso. Il parabrezza della sua macchina è in frantumi. Nel frattempo arriva un’auto con quattro donne a bordo, tra cui le mogli di Caserta e Geloso. Urlano e brandiscono mestoli da cucina. Arriva pure Geloso al volante di una Lancia Y. L’obiettivo è una delle due ragazze con cui ha avuto lo screzio il giorno prima. Il nonno le fa scudo con il corpo e muore schiacciato.

Geloso scappa prima che arrivi la polizia. Le microspie registrano per due giorni i tentativi di sparire dalla circolazione. Si ripara sotto l’ala protettiva dello zio. Il 18 maggio di due anni fa l’arresto e poi la condanna. Il mese scorso, i nuovi guai giudiziari. Nella giungla delle periferie di Palermo ci si fa largo con la violenza e si viene reclutati da Cosa nostra.

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23 Agosto 2017, 07:15

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