Il racconto dei pentiti di mafia | L’oro “ripulito” al Monte di Pietà

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17 Luglio 2018, 05:45

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PALERMO – Raffale Favaloro si è specializzato nella ricettazione di oggetti in oro e gioielli rubati in giro per la città. Sarebbe diventato un punto di riferimento per ladri e rapinatori. Il retroscena emerge dall’inchiesta che ieri lo ha portato in carcere assieme ad altre ventitré persone. Viene considerato associato alla mafia del mandamento Resuttana.

“So che ha Raffaele Favaloro ha situazione economica agiata – ha messo a verbale il pentito dell’Acquasanta Vito Galatolo – comprava dell’oro rubato ed altri preziosi e comunque era a disposizione delle famiglie per fare sparire la merce rubata”.

Prima di Galatolo un’altra collaboratrice di giustizia, Monica Vitale, aveva spiegato che “lui lo sapeva perché noi glielo dicevamo che loro non era pulito… che si doveva subito sciogliere”. Titolare con la moglie Emanuela Milazzo e la madre Giuseppa Mandarano di alcuni “compro oro” nella zona del Borgo Vecchio, Favaloro sapeva come muoversi nel settore.

Il giudice Antonella Consiglio che ha firmato l’ordine di arresto parla di “supporto operativo di personale dipendente presso il Monte dei Pegni del Credito Siciliano di Palermo”. Resta da capire se si sia trattato o meno di un supporto consapevole.

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Il meccanismo ricostruito dai finanzieri della Polizia valutaria era tanto semplice quanto efficace. Così lo ricostruiva lo stesso Favaloro, rassegnando le sue considerazioni alle microspie: “… io mi sono andato ad impegnare l’orologio… ma non per bisogno… io li impegno… lo sai per che cosa?… per regolarizzarli. Ora questo orologio qua io lo faccio arrivare all’asta… perché io ho un’amicizia… cose… arriva all’asta… ed io me lo compro all’asta… hai capito… poi lo vendono loro… l’ho comprato al Monte di Pietà…”. L’orologio in questione, un Rolex Daytona, faceva parte del bottino strappato a una donna. Un banda di finti finanzieri le aveva fatto credere di essere finita sotto inchiesta esibendo un atto giudiziario taroccato e, una volta entrati in casa, avevano ripulito la cassaforte.

“Ad un certo punto Raffaele – ha raccontato sempre Galatolo – decise di fare affari con il Monte di Pietà, ricadente territorialmente nel mandamento di Resuttana, comprando delle polizze da rivendere… Vincenzo Di Maio e Vincenzo Graziano diedero insieme l’ordine di uccidere Favaloro Raffaele, per dare un segnale. Il progetto omicidiario non si è concretizzato perché io, che ero all’epoca capo famiglia dell’Acquasanta e poi capo mandamento, non ho dato il benestare”. E Favaloro, scampato il pericolo, non ha mai smesso di finanziare economicamente il boss oggi pentito.

 

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17 Luglio 2018, 05:45

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