08 Gennaio 2014, 06:15
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PALERMO – Sulle spalle aveva il peso dei detenuti. Decine e decine di famiglie campavano grazie a Pino Porto. Quanto costava la catena di solidarietà di Cosa nostra? Ottocentomila euro, a giudicare dai conti fatti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo che a lungo hanno indagato su Pino il “cinese”. Da Palermo si era trasferito a Milano, dove aveva costruito un reticolo di cooperative. Sarebbero servite, secondo l’accusa, a riciclare i soldi della mafia, ma anche a creare dei fondi neri utilizzati per sostenere economicamente i detenuti e i loro familiari. Pino Porto aveva contatti con i mafiosi di diversi mandamenti della città – da Porta Nuova a Resuttana – e così ora gli investigatori sono al lavoro per scoprire chi avrebbe beneficiato della “generosità” del “cinese”.
I mafiosi a Milano sono sempre stati di casa. L’asse con Palermo era nato al tempo di Vittorio Mangano, lo stalliere di casa Berlusconi. Un’asse fatto di affari e protezione. La stessa protezione di cui ha goduto, per ultimo, Gianni Nicchi. L’astro nascente di Cosa nostra ha trascorso parte della latitanza nella casa milanese di Pino Porto. A lui si sono sempre rivolti i familiari di Nicchi quando si sono spostati in trasferta per i colloqui nel carcere di Opera. Il “cinese” non solo ne curava gli spostamenti, ma passava anche uno stipendio mensile a Lucia Martinelli e Francesca Nicchi, madre e sorella di Gianni.
Non sono gli unici. Pino Porto è uno che ha sempre avuto un occhio di riguardo per colui che chiamava “il mio padrino”, e cioè Gioacchino Matranga, che a Milano era stato arrestato dopo un breve periodo di latitanza. Condannato per un grosso traffico di droga, era finito ai domiciliari per motivi di salute. E dalla sua abitazione di San Donato Milanese si era allontanato facendo perdere le proprie tracce. Nel 2010 l’arresto.
Ecco cosa diceva di lui Pino Porto in una conversazione con Vito Leale, indicato dagli investigatori come uomo di fiducia del “cinese” a Palermo: “Mi domandano tutti i soldi, io per ora non ne ho… si sono fatti prestare ottomila euro da quello e quello li chiede a me… lui mio padrino si è fatto cambiare un assegno allora gli ho dato duemila euro io…”. Leale: “… se uno cerca di dare da mangiare a questo e a quello finiscono nella tasca…”. E Porto tagliava corto: “Ho più di 800 mila euro fuori Vito, ho pure messo 180 mila euro dalla mia tasca Vito…”. Ce n’è abbastanza per fare scrivere ai pubblici ministeri di Milano che “può dirsi del tutto certo che la destinazione di tale somma (frutto del nero imponente che viene realizzato con le false fatturazioni e l’utilizzo di manodopera clandestina) sia il mantenimento dei detenuti”.
A settembre scorso la Procura di Milano ha chiesto e ottenuto gli arresti, tra gli altri, di Pino Porto e Cinzia Mangano. Arresti eseguiti dalla polizia meneghina. Cinzia Mangano è la figlia di Vittorio, il reggente del mandamento mafioso di Porta Nuova che divenne stalliere. La Mangano era amministratrice unica della Cgs New Group Scarl e consigliere della Csi Milano Società Cooperativa, entrambe con sede a Milano. Nel 2008 le due coop hanno incassato 3 milioni con appalti di ortofrutta, pulizia e trasporto merci. Parte di questi soldi sarebbero stati utilizzati da Pino Porto per aiutare i detenuti e i familiari di chi sta in carcere. Ora che è finito in carcere ci si chiede chi ne avrebbe preso il posto. Chi garantirebbe la mutua assistenza targata Cosa nostra a chissà quante persone.
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08 Gennaio 2014, 06:15