Mafia, pizzo e venti di guerra | Sette fermi fra Misilmeri e Belmonte

di

04 Marzo 2015, 07:00

1 min di lettura

PALERMO – C’era fibrillazione fra Misilmeri e Belmonte Mezzagno. I clan mafiosi erano pronti anche a gesti estremi.

Si erano rotti alcuni equilibri e per bloccare ogni rischio, compreso quello che gli indagati scappassero, i carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno accelerato i tempi. Sette persone sono state raggiunte da un provvedimento di fermo chiesto dal procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Francesca Mazzocco e Alessandro Picchi. Sono tutte accusate di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e minaccia.

Cosa nostra non aveva perso tempo a riorganizzarsi. Tre anni dopo il blitz Sisma del 2012 – anche allora l’indagine era dei carabinieri – era stato ricostituito il vertice del mandamento di Misilmeri e delle famiglie di Bolognetta e Belmonte Mezzagno che ne fanno parte. La nuova operazione è stata denominata Jafar.

L’ultimo capomafia arrestato prima di oggi era Francesco Lo Gerfo di recente condannato a diciotto anni di carcere. Gli sarebbe subentrato Giuseppe Vasta, scarcerato nel 2006 dopo avere scontato una condanna per mafia. Le famiglie di Belmonte, Bolognetta e Misilmeri, che costituiscono il mandamento, sarebbero state rette rispettivamente da Filippo Salvatore Bisconti, Pietro Cireco e Alessandro Ravesi. Ad un certo punto, però le microspie hanno captato i dissapori fra Ravesi e il suo braccio destro, Aristide Neri. Dopo essere stati grandi amici erano arrivati ai ferri corti.

Dalle indagini emerge un un dato confortante: un paio di commercianti hanno ammesso di avere pagato il pizzo. Ma è poca cosa rispetto alla massa di coloro che continuano a pagare in silenzio. Titolari di supermercati, imprenditori edili, ristoratori: il pizzo viene imposto a tappeto.

Pubblicato il

04 Marzo 2015, 07:00

Condividi sui social