Il pizzo abbocca… all’amo| Un euro per ogni chilo di tonno

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28 Aprile 2014, 20:42

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PALERMO – Le carni della femmina del tonno sono le più pregiate. “A tunnina” è un must della cucina palermitana. Ed ha finito per stuzzicare l’interesse della mafia. Le ricette prelibate nulla c’entrano. Stiamo parlando di interessi economici. Di pizzo, in particolare. Un euro su ogni chilo di tonno pescato. Nella mafia di oggi che affronta la crisi economica e si misura con i conti in rosso Alessandro D’Ambrogio e Giuseppe Di Giacomo si sarebbero inventati una nuova forma di estorsione per rimpinguare le casse dell’organizzazione. Una forma di estorsione che porta gli investigatori a confrontarsi, è il proprio il caso di dire, con gli affari più sommersi dell’organizzazione criminale.

Il particolare salta fuori dalle indagini che di recente hanno portato in carcere otto boss – uno è stato scarcerato – del mandamento palermitano di Porta Nuova e hanno stoppato i piani di morte di Giovanni Di Giacomo, killer ergastolano, che si sarebbe messo in testa di vendicare il fratello Giuseppe assassinato a metà marzo. Ed è stato intercettando i due fratelli durante i colloqui in carcere prima del delitto che è venuta fuori la storia del tonno. Il pizzo si sarebbe aggiunto alle tangenti pagate da alcuni pescatori per “liberare”, grazie a compiacenze ancora da scoprire, il tonno pescato oltre le quote fissate dall’Unione europea e perciò sequestrato. Questo è un capitolo investigativo tutto da esplorare.

A giudicare dalle parole di Giuseppe Di Giacomo, alcuni pescatori riuscivano a rientrare in possesso del tonno: ” … a tunnina… quella sequestrata… te la portano di nuovo… e te la vendono… allora… siccome ne abbiamo parlato con Carlo”. Carlo era uno dei soprannomi di D’Ambrogio, reggente del clan di Porta Nuova arrestato nei mesi scorsi. Ed ancora: “… scusami… loro… a tunnina la mandano… a mille euro l’uno… e ci prende un euro l’uno in capu… al chilo…”.

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Solo che i sequestri rischiavano di mandare all’aria gli affari di D’Ambrogio e Di Giacomo: “… cioè s’ammuccavano… e non dicevano niente… di questa situazione… hai capito”. I fratelli Di Giacomo fanno un chiaro riferimento ai titolari di un importante ingrosso di pesce di Palermo. E, a giudicare dalle parole di Giovanni, non sarebbero neppure gli unici a pagare il pizzo a Cosa nostra e le tangenti a chissà chi per recuperare il pescato sequestrato. “… come quelli che erano infilati al porto”, diceva l’ergastolano.

Infine c’è un passaggio che rimanda all’esistenza di accordi illeciti. Un passaggio tutto da chiarire e su cui i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Palermo mantengono il più stretto riserbo. È ancora Giuseppe a parlare. “… perché loro dicono… si può fare?… no… si fa… perché… davanti ‘a u mignu’… rimane a te… e poi più tardi ci vediamo con te… e ci dai il resto… non c’è bisogno… che ci vuole… hai capito com’è?… e ci da u suverchiu… a questo… proprio a questo gliel’hanno detto… quelli suverchiu che ci devi dare a noi altri… glieli fai avere dov’è che è… per ora se li mettevano ‘nna sacchietta iddi… hai capito?… lo sconto c’è…”.

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28 Aprile 2014, 20:42

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