04 Luglio 2016, 06:02
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PALERMO – In trentatré sono finiti in carcere a fine maggio, ma l’elenco degli indagati è molto più lungo. Sono ottanta le persone che avrebbero gravitato nei clan dei mandamenti mafiosi di San Mauro Castelverde e Trabia. Tra di loro personaggi che avrebbero svolto un ruolo di primo piano, semplici soldati, favoreggiatori e prestanome per schermare alcuni beni ed evitarne il sequestro.
La misura cautelare di un mese e mezzo fa avrebbe potuto essere numericamente più pesante, ma il giudice per le indagini preliminari ha respinto decine di richieste di arresto. I pubblici ministeri erano e sono ancora convinti che in tanti meritino di finire in carcere o ai domiciliari. Ecco perché, nonostante il gip sia stato di avviso opposto, i pm stanno via via presentando appello al Tribunale del Riesame. E per alcuni è stato, in effetti, deciso l’arresto. L’inevitabile ricorso in Cassazione di fatto stopperà l’applicazione dell’eventuale misura cautelare. Al di là delle posizioni in bilico, il dato certo è che gli indagati sono ottanta. Molti di più dei trentatré finora conosciuti.
A fine maggio i carabinieri del Gruppo di Monreale e della compagnia di Termini Imerese hanno fotografato gli assetti della mafia in una grossa fetta della provincia palermitana. Una provincia dove la rifondazione di Cosa nostra sarebbe ripartita dagli anziani. Li chiamavano “i vattiati”, battezzati, per via delle pregressa esperienza criminale. Da San Mauro Castelverde a Trabia, passando per decine di piccoli centri, la nuova mafia guardava agli uomini e alle regole del passato. I capi mandamento sarebbero divenuti Diego Rinella e Francesco Bonomo. Il primo è fratello di Salvatore Rinella, storico capomafia di Trabia, e il secondo è genero di Peppino Farinella, capomafia di San Mauro.
Dalle intercettazioni disposte dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Leonardo Agueci i e dai sostituti Sergio Demontis, Sito De Flammineis, Gaspare Spedale, Ennio Petrigni e Bruno Brucoli è emersa un’attività frenetica di controllo del territorio attraverso l’imposizione del pizzo e una miriade di contatti con alcuni boss di Palermo per gestire affari su cui le indagini non sono chiuse. A cominciare dal business dell’oro e dei diamanti che pareva interessare parecchio i mafiosi di Santa Maria di Gesù e Porta Nuova.
A completare l’elenco degli indagati dell’inchiesta denominata “Black cat” ci sono i nomi di Angelo Giuseppe Rizzo, Salvatore Cancilla, Giuseppe Lo Bianco, Giuseppe e Rosario Libreri, Mercurio Bisesi, Rosario e Luigi D’Amico, Mario Monasteto, Filippo Colletti, Salvatore Sampognaro, Vincenzo Medica, Loreto Di Chiara, Luigi Barone, Nicasio Salerno, Rosario Lanza, Riccardo Giuffrè, Giuseppe Albanese, Giovanni Giallombardo, Benedetto Mazzeo, Mario Cascio, Nicola Teresi, Nicola Marino, Francesco Lombardo, Silvio Napolitano, Pietro Liga, Ciro Guardino, Michele Serraino, Mariano Parisi, Antonio Marino, Antonino Zarcone, Sergio Flamia, Giuseppe Vitanza, Francesco Lo Medico, Santina Ingrao, Mauro Bonomo, Saverio Maranto, Salvatore Schittino, Peppino Barreca, Giovanni Picciuca, Nicola Crapa, Francesca Madonia, Antonio Corradino, Gioacchino Martorana, Santo Bonomo, Giacomo Di Dio, Andrea Di Ganci, Antonio Quattrocchi.
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04 Luglio 2016, 06:02