Il pentito e quella strana rapina | Quando i boss scesero in campo

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30 Marzo 2015, 06:25

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PALERMO – C’è anche la storia di una strana rapina tra le carte del blitz che nelle scorse settimane ha colpito la cosca di Misilmeri. Un emigrato in Venezuela si sarebbe rivolto a Giuseppe Vasta, considerato il capomafia del paese nel Palermitano, per chiudere la faccenda con le buone.

A raccontarlo è il neo pentito di Villabate, Salvatore Sollima. Ha deciso di collaborare con la giustizia mentre era ancora a piede libero. Circostanza che lo rende attendibile agli occhi degli investigatori. Secondo il suo racconto, quando c’erano da affrontare questioni con i mafiosi palermitani quelli di Misilmeri dovevano chiedere la mediazioni del clan di Villabate. Così sarebbe avvenuto, racconta Sollima, quando “questo Pino ha avuto dei problemi con uno di corso dei Mille. Pino è venuto a trovarmi perché un suo amico che vive all’estero, in Venezuela, ma che ha una casa a Piazza Torrelunga era stato avvicinato da alcuni soggetti che gli avevano puntato un coltello alla gola minacciandolo di lasciare quella casa. Mi impegnai per risolvergli la questione. Mi recai in un bar a piazza Torrelunga di fronte la gelateria, per vedere se sapevano qualcosa della vicenda”.

“Pino” sarebbe Giuseppe Vasta che, come regola voleva, si sarebbe rivolto a Sollima, uomo di Villabate. Che riferisce altri particolari: “Poco dopo venivo a sapere che il soggetto che aveva puntato il coltello al venezuelano era il figlio di Di Pasquale, persona anziana che era da poco scarcerato dopo una lunga detenzione. Quello che apprendevo, ovvero che il giovane Di Pasquale voleva fare una rapina al venezuelano, lo riferii …omissis…. il quale mi consigliò di parlare con Pino per mettere pace, cosa che feci”.

L’attendibilità di Sollima viene riscontrata dai carabinieri. Trentadue minuti dopo la mezzanotte del 27 luglio 2014 un uomo telefonava a Vasta chiedendogli di intervenire subito: “Se tu puoi venire a Torrelunga immediatamente perché per dirti una discussione, immediatamente se lo puoi fare, se no… ora, ora, ora, ora… subito. Ti dico subito, subito… se ti dico subito non ti disturberei per… per niente”. L’uomo viene identificato in Salvatore Chiaracane, palermitano con abitazione in piazza Torrelunga, emigrato nel paese sudamericano che in quei giorni si trovava in vacanza a Palermo. I carabinieri nei mesi precedenti avevano registrato contatti via Skype fra i due.

Il servizio di localizzazione Gps piazzato sulla Panda verde di Vasta, all’una della stessa notte, agganciava il ripetitore della zona di Corso dei Mille, compresa anche piazza Torrelunga. L’indomani pomeriggio veniva registrata una nuova conversazione. “Sono qua a casa in questo minuto”, diceva Chiaracane a Vasta che chiedeva: “.. che fa devi uscire poi?”. Chiaracane: “… qua siamo, sto aspettando la provvidenza di Dio… il Signore vede e provvede… allora che fa ci sentiamo domani?”. E Vasta concludeva: “… sì domani sicuramente… avvicino io comunque”. Secondo gli investigatori avrebbero utilizzato un linguaggio criptico per nascondere il vero motivo della telefonata. E cioè la questione della rapina.

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30 Marzo 2015, 06:25

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