24 Aprile 2024, 06:21
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PATERNÒ (CATANIA) – È ritenuto uno dei capimafia in paese, uno degli esponenti del clan Laudani, i cosiddetti “mussi i ficurinia”. Vincenzo Morabito, 63enne di Paternò, si trova agli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per motivi di salute e ha fatto scena muta dinanzi al gip.
Ma il suo legale, l’avvocato Antonio Fiumefreddo, non ci sta e chiede al Riesame la scarcerazione. Dinanzi al Tribunale di Libertà, in settimana dovrà fissare l’udienza, sarà battaglia tra accusa e difesa.
Questo perché Morabito è anche uno dei personaggi coinvolti nel terremoto che ha travolto l’amministrazione comunale di Paternò. Oltre che di associazione mafiosa, è accusato dalla Dda di Catania di voto di scambio politico-mafioso con il sindaco Nino Naso, l’assessore Comis e il consigliere Cirino, ipotesi che non è stata riconosciuta dal gip nell’ordinanza. E sul punto pende l’appello della Procura.
Il Riesame sarà, in pratica, uno snodo cruciale dell’inchiesta Athena. E fondamentale, in tal senso, è la posizione di Morabito, che – come detto – è ai domiciliari per motivi di salute. Il ricorso della difesa non è puntato sulle esigenze cautelari, che quando si tratta di reati così gravi vengono spesso ritenute in re ipsa, ma sui cosiddetti gravi indizi di reità che hanno portato all’ordinanza.
Morabito è accusato di essere uno storico appartenente al clan poi divenuto il reggente assieme a Salvatore Rapisarda. A lui è contestata l’associazione mafiosa per un periodo piuttosto lungo, dal 2015 al 2022. Con l’aggravante di aver diretto il clan. Sta di fatto che rimane agli arresti domiciliari. C’è poi come detto quell’ipotesi di voto di scambio, che per il gip non ha retto.
L’inchiesta Athena, si ricorda, si è concentrata proprio sugli affari del cosiddetto gruppo dei Morabito-Rapisarda. Sono stati individuati i presunti elementi di vertice e i rapporti con il clan storicamente contrapposto degli “Assinnata”, l’articolazione territoriale della famiglia di cosa nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.
I due clan, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto affari in comune. E il gruppo dei Morabito-Rapisarda sarebbe stato anche dedito al traffico di sostanze stupefacenti, soprattutto marijuana, con una struttura ben organizzata e delineata nella ripartizione dei singoli ruoli.
Il clan avrebbe avuto un’articolata rete di rapporti criminali sul territorio catanese che gli garantiva dei canali di approvvigionamento dello stupefacente, proveniente da gruppi operanti a Catania e Adrano.
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24 Aprile 2024, 06:21