15 Maggio 2013, 06:30
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PALERMO – Ci sono i soldi della mafia dietro il noto marchio Bagagli. Sotto sequestro sono finiti i negozi di Palermo, Catania e Bagheria. Negozi leader nella vendita di scarpe, borse, valigie e accessori delle più famose griffe. Negozi a cui hanno prestato il loro volto, per le campagne pubblicitarie, grandi campioni del calcio. Giocatori ignari di tutto, poi andati via da Palermo per fare le fortune di altri prestigiosi club di serie A. E non ci sono solo i negozi fra i beni sotto sequestro: passano in amministrazione giudiziaria anche case, terreni, conti correnti, altre attività commerciali, macchine e persino un lussuoso yacht. Il tutto per un valore che supera i 16 milioni di euro.
Il sequestro è stato disposto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo su richiesta del procuratore aggiunto Vittorio Teresi e del sostituto Dario Scaletta. Le indagini sono state affidate alla Direzione investigativa antimafia. Sono stati gli agenti agli ordini del direttore nazionale Arturo De Felice e del capo centro di Palermo, Giuseppe D’Agata, a scandagliare la posizione patrimoniale di Filippo Giardina, titolare della Bagagli srl. Ne è venuto fuori che si sarebbe intestato fittiziamente la proprietà dei negozi in nome e per conto di Salvatore Milano, uomo d’onore della famiglia di Palermo Centro, già condannato per mafia, arrestato nel blitz Perso del 2008, e oggi agli arresti domiciliari. La misura di prevenzione è solo patrimoniale, quella personale, basata sulla presunta pericolosità sociale dei due soggetti, deve ancora passare al vaglio del Tribunale.
Che dietro i negozi Bagagli ci fosse la mano della mafia lo hanno raccontato anche diversi collaboratori di giustizia. Per ultimo Manuel Pasta, in un interrogatorio di tre mesi fa. Era l’uomo che gestiva la cassa del mandamento di Resuttana. Dal libro mastro ereditato da Salvo Genova, arrestato prima di lui, risultava che Bagagli doveva pagare tremila euro a Pasqua e altrettanti a Natale, secondo la più rigida regola di Cosa nostra “Sin dall’inizio della mia gestione nacque un problema riguardo a Bagagli – ha raccontato il pentito – per l’anno 2008 non era stata pagata alcuna somma. A quel punto decidemmo di fare il segnale al negozio di via XX settembre”. Un’intimidazione in piena regola.
L’anno dopo, nel 2009, ad intestarsi la causa Bagagli sarebbe stato Gianni Nicchi in persona: “Nicchi mi disse che sua sorella lavorava in uno dei negozi e che lui e Milano avevano interesse nell’attività commerciale”. Dello stesso tenore anche le dichiarazioni di altri collaboratori: Marcello Trapani, Andrea Bonaccorso e Marco Messina. Quelle di Di Trapani, ex legale del boss Salvatore Lo Piccolo hanno aperto uno squarcio su un altro capitolo investigativo ancora in corso. Milano sarebbe riuscito ad avere come testimonial di Bagagli alcuni ex calciatori rosanero che nei mesi scorsi sono stati pure sentiti in Procura assieme all’ex direttore sportivo Rino Foschi. Testimonial d’eccezione e pure a costo zero.
Agli atti dell’inchiesta ci sono pure le intercettazioni fra Milano e alcuni ex dirigenti del club di Viale del Fante. Uno di loro diceva all’uomo d’onore: “Mi ha chiamato Filippo (Che la Dia identifica in Filippo Giardina ndr) perché insomma ha fatto la pubblicità con Cavani… è contento perché è riuscito a farla sempre…”. “Senza spese, senza usare soldi risparmiare sempre”, lo anticipava Milano. Edinson Cavani, oggi bomber del Napoli, non è l’unico calciatore ad avere prestato la propria immagine per la pubblicità di Bagagli. Ci sono pure Andrea Barzagli, difensore della Juventus campione d’Italia, e Cristian Zaccardo, oggi tesserato del Milan (i calciatori sono totalmente estranei alla vicenda). Nel corso delle indagini la Dia ha scoperto pure che ci sarebbe troppa differenza fra i redditi dichiarati da Giardina e il suo reale patrimonio. Così come sarebbe emerso un tentativo di trasferite parte dei negozi ad un’altra società per evitare che il patrimonio un giorno potesse finire sotto sequestro. Un tentativo non riuscito.
Filippo Giardina fa sapere, tramite il suo legale, l’avvocato Mimmo La Blasca, di essere certo di potere dimostrare che il patrimonio da lui accumulato sia “esclusivamente frutto del duro lavoro, suo e dei suoi familiari. Una verità che le indagini faranno venire a galla”. Nessun commento da parte del legale di Milano, Michele Giovinco, visto che il suo assistito non ha ancora ricevuto la notifica del sequestro.
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15 Maggio 2013, 06:30