22 Aprile 2017, 04:39
4 min di lettura
CATANIA – Rifiuti, soldi, viaggi, autorizzazioni, verbali dei pentiti e intercettazioni che fanno tremare i piani altissimi della politica siciliana. Il mensile “S” disponibile in tutte le edicole e online dedica uno speciale al sistema paratore pubblicando integralmente tutti gli atti che hanno portato all’esecuzione della maxi operazione ‘Piramide’ condotta dai magistrati Raffaella Vinciguerra e Giuseppe Sturiale della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania nei confronti di uno dei gruppi imprenditoriali più importanti nel settore dei rifiuti della Sicilia Orientale.
Parliamo di Antonino Paratore, detto ‘u Zu Nino’, e del figlio Carmelo, soprannominato ‘Carmeleddu’, proprietari della discarica di rifiuti Cisma Ambiente di contrada Bagali, a Melilli, finita sotto sequestro insieme alle quote societarie dell’azienda, per un totale di 50 milioni di euro.
Lo speciale, di oltre 30 pagine, contiene i verbali sull’imprenditore catanese Carmelo Raciti, le intercettazioni su potenti colletti bianchi siciliani, i verbali di tre pentiti sul boss Zuccaro, i segreti del polverino Ilva.
A ottobre e novembre 2013, per ben due volte il Nucleo Operativo Ecologico di Catania ispeziona l’impianto di Melilli, rilevando diverse difformità sia in merito alle autorizzazioni, sia per alcune strutture non presenti nella planimetria.
Prima della visita dei carabinieri, è intercettata l’utenza di Antonino Paratore, che si trova in Turchia per affari, il quale informato della possibile ispezione si mostra preoccupato e consegna delle direttive alla sua dipendente Agata Di Stefano. “Bisogna nascondere un po’ tutto…, nascondere nel senso…. cioè di non fare vedere quelle… quelle cose che ci sono, capisci?. Vedono quelle…. quelle cose messe la…, la prima cosa che fanno… si prendono il campione e fanno l’analisi”.
“Si, – risponde la Di Stefano – infatti, va bene, domani questa è la prima cosa che faccio”.
IL SOCIO OCCULTO – Il nome che getta ombre sul patrimonio aziendale di Antonino Paratore è quello di Maurizio Zuccaro, uno dei massimi esponenti di Cosa nostra catanese. Ha collezionato il terzo ergastolo poche settimane fa insieme al cognato Vincenzo Santapaola, figlio del defunto Salvatore. L’esponente della famiglia mafiosa dei Santapaola è stato condannato dalla Corte d’Assise per l’omicidio di Luigi Ilardo, l’infiltrato gestito dal colonnello Michele Riccio, ucciso una sera di maggio del 1996. Uno dei misteri d’Italia avrebbe quindi come protagonista “il socio occulto”, così lo definiscono i pentiti, dei Paratore. Padre e figlio sono finiti nel calderone della maxi inchiesta Piramidi di Carabinieri, Noe e Guardia di Finanza, coordinata dalla Dda di Catania sul traffico illecito di rifiuti e sulla intestazione fittizia di alcune società, tra queste quella titolare del Lido Le Piramidi della playa di Catania. Nella lunga lista di indagati, tra colletti bianchi, presunti funzionari infedeli e imprenditori, ci sono il boss santapaoliano e anche il figlio Rosario Zuccaro (che porta il nome del nonno), che però non sono stati raggiunti da alcuna misura cautelare perché secondo la Gip Giuliana Sammartino non sussistono elementi per una misura cautelare personale.
LO “ZIO” NINO – Il nome di Paratore ricorre in diversi interrogatori per bocca di almeno tre pentiti di spicco: Santo La Causa, Gaetano D’Aquino e Giuseppe Mirabile. Il lavoro investigativo si è basato dunque anche sulle confessioni dei pentiti e successivi riscontri. Gli inquirenti ricostruiscono il presunto rapporto tra Zuccaro e Paratore, indagati nel procedimento anche di associazione mafiosa e intestazione fittizia di beni. “Anche tra collaboratori di giustizia appartenenti a diversi gruppi criminali – si legge nell’ordinanza- riferivano concordemente che Maurizio Zuccaro aveva avuto gravi dissidi con Angelo Santapaola per avere voluto gestire in modo del tutto autonomo ed esclusivo il rapporto con Antonino Paratore; che per tali ragioni Angelo Santapaola aveva fatto bruciare il lido Le Piramidi, formalmente intestato ai Paratore ma di fatto di proprietà anche di Maurizio Zuccaro, aveva inoltre più volte danneggiato l’insegna della gastronomia Parla poco (anch’essa riferibile a Zuccaro); che le diverse attività economiche formalmente intestate a Paratore (tra le quali le cooperative che gestivano le pulizie negli ospedali di Catania) erano sostanzialmente riconducibili anche a Maurizio Zuccaro)”. Il mensile “S” pubblica tutti i verbali dei pentiti Santo La Causa, Giuseppe Mirabile e Gaetano D’Aquino.
LA REPLICA – “L’intero quadro indiziario è falsato da vistosi errori”. E’ tranciante la posizione della difesa di Nino e Carmelo Paratore, coinvolti nell’inchiesta Piramidi della Direzione Distrettuale Antimafia di Catania. Il collegio difensivo composto dall’avvocato amministrativista Lino Barreca e dai penalisti Carmelo Peluso (che assiste Nino Paratore) e Giulia Bongiorno (per Carmelo Paratore) è pronto a smontare pezzo per pezzo le accuse di traffico illecito di rifiuti che hanno portato padre e figlio in carcere. Per quanto riguarda il filone investigativo sull’intestazione fittizia e la presunta associazione mafiosa la difesa, evidenziando che queste accuse non sono parte integrante della misura cautelare, rimanda a quanto già affermato durante i ricorsi per revocare l’interdittiva antimafia della Prefettura riguardanti la Piramidi srl: si tratta della società che gestisce il lido finito sotto sequestro. Il ricorso è stato vinto con l’inserimento dell’azienda nella cosiddetta “white list”. Rispetto a quel momento storico, negli atti dell’inchiesta sono confluite, oltre alle rivelazioni di Santo La Causa, quelle di altri tre collaboratori di giustizia secondo i quali Maurizio Zuccaro, esponente dei Santapaola, sarebbe il “socio occulto” dei Paratore.
Dichiarazioni che per la difesa non sono supportate da riscontri indiziari e sarebbero, quindi “mere illazioni” . Su “S”, disponibile in tutte le edicole, complessivamente 30 pagine sono state dedicate all’inchiesta sul sistema paratore.
Pubblicato il
22 Aprile 2017, 04:39