Il libro paga di D’Ambrogio | Così la mafia “mantiene” le truppe

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09 Luglio 2013, 06:15

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PALERMO – Antonino Ciresi e Tony Seranella avevano un compito decisivo per la sopravvivenza dei clan di Porta Nuova. Alessandro D’Ambrogio, arrestato con l’accusa di essere il capo del mandamento, avrebbe affidato loro il pagamento degli stipendi dei picciotti e il sostentamento delle famiglie dei detenuti. Ruolo non semplice visto il periodo di crisi economica che colpisce anche le casse di Cosa nostra che, non a caso, ha deciso di tornare a gestire direttamente i traffici di droga.

La macelleria di Gaetano Fava, in piazza Ballarò, fino all’arresto di Ciresi, coivnolto nella storia del pizzo imposto allo chef Natale Giunta, è stato luogo di incontro dei presunti mafiosi. E qui che nel gennaio scorso si presenta “una donna che cerca a lei”, dice un impiegato a D’Ambrogio che si trova nel retrobottega. Il capomafia si fa negare: “… non ci sono, diglielo”. La donna , a caccia di 150 euro, non desiste, tanto che Giacomo Pampillonia, anche lui coinvolto nel blitz, è costretto a riferire al capo. “… gliel’ho detto che non ci sei, si è messa seduta in macchina… deve andare sua figlia a colloquio…”. “… vedi a che punto siamo arrivati…”, sbuffa D’Ambrogio parlando dell’insistenza con cui i familiari chiedo pre affrontare le trasferte dei colloqui.

Ci sono poi gli stipendi pagati alla pletora di spacciatori al soldo del clan. Tra gli intruppati del mandamento di Porta Nuova c’erano una sfilza di personaggi, molti dei quali ancora in corso di identificazione da parte dei carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale.

La sera del 26 gennaio 2013 è stata monitorata una conversazione da cui si intuirebbe che Seranella e Pampillonia sono andati in giro a recuperare gli incassi dei pusher. Il primo a cui fanno visita è tale Paolo di vicolo Madonna che risponde così: “… mandami a Babuba (è il soprannome di Giuseppe Civiletti, anche lui coinvolto nell’inchiesta dei carabinieri ndr) all’orario di mangiare a casa mia… non ce la faccio perché devo fare la spesa”. “… no Paoluzzo… io ho cose da fare devo pagare i cristiani non è che ce li devo mettere dalla tasca io”, taglia corto Seranella.

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La tappa successiva è in via Giosafat da Santo Rubino, altro arrestato del blitz, che giustifica così i pochi soldi consegnati: “Non abbiamo venduto niente Tonino… sono 600 euro (si sente il rumore dei soldi che vengono contati)… non lo vogliono… aspetta un minuto che ti do un’altra cosa”.

Ciascuno degli addetti allo spaccio riceveva la paga settimanale. Un dato che emerge nel dialogo in cui Marco Chiappara protestava con Francesco Paolo Nuccio, altri due dei coinvolti nel blitz (al secondo sono stati concessi gli arresti domiciliari assieme a Pietro Compagno, Giacomo Rubino e Francesco Tarantino) : “… gli dici a quello che prepara duecento euro perché vero parola d’onore … è un tuo ragazzo? … è un tuo ragazzo … gli do una pugnalata in testa… aspetta, ma gli hai dato la paga settimanale ieri Paolo?…”.

 

 

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09 Luglio 2013, 06:15

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