Mafia, asse Palermo-Agrigento | I summit fra boss in campagna

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01 Aprile 2016, 10:20

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PALERMO – Una serie di vertici fra i mafiosi palermitani e agrigentini. Incontri forse voluti da Matteo Messina Denaro. Il mensile li aveva ricostruiti già nell’aprile 2013, oggi anche per quegli incontri sono scattati gli arresti eseguiti dai carabinieri del Ros.

Per mesi gli investigatori registrarono le trasferte di personaggi che si spostavano da Palermo. Frenetico era l’asse con la provincia di Agrigento. A Sambuca di Sicilia, prima di finire in carcere, era molto attivo Leo Sutera, una pedina della cerchia ristretta in contatto con Messina Denaro. È lui che i palermitani andarono ad incontrare il 18 giugno 2012.

Alle 9,30 di quel giorno i carabinieri del Ros seguono gli spostamenti di Cosimo Michele Sciarabba. Per mesi era stato l’ospite misterioso del summit di mafia a Villa Pensabene. Poi, ad ottobre 2012, lo arrestarono perché considerato vicino ai pezzi da novanta dei mandamenti di Misilmeri, Porta Nuova, Pagliarelli e Noce.

Torniamo a quella mattina di giugno: Sciarabba staziona davanti all’agenzia di pompe funebri del fratelli D’Ambrogio, in via dello Spasimo. Non è un’agenzia qualsiasi, visto che uno dei titolari è Alessandro D’Ambrogio, indicato come un pezzo grosso della mafia di Palermo Centro. Anche lui sarebbe stato arrestato. Sciarabba sale a bordo di una Toyota Yaris dove, intorno a mezzogiorno, trova posto un’altra persona. Si tratta di Gaetano Maranzano, arrestato assieme a Sciarabba in un’operazione della Squadra mobile, e indicato come il capo della famiglia mafiosa di Cruillas.

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Alle 12,14 del 16 giugno la Yaris si ferma vicino ad un abbeveratoio, a poco distanza dallo svincolo della strada statale 624 Santa Margherita Belice-Contessa Entellina. Sciarabba e Maranzano scendono dalla Yaris e salgono su un’altra macchina nel frattempo giunta sul posto. Alla guida c’è un uomo. I tre proseguono la marcia in direzione del quadrivio Campofiorito-Corleone, Contessa Entellina, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice. Poi imboccano la direzione verso il bivio Miccina. La macchina si ferma nei pressi di un terreno, il cui ingresso è delimitato da una sbarra di ferro. I tre scendono e raggiungono a piedi una vecchia costruzione rurale. Lungo il percorso si è aggiunta una quarta persona. È Leo Sutera. I quattro si fermano in aperta campagna, dove è impossibile piazzare delle microspie. Una strategia, dunque, per non essere intercettati. Discutono per un paio d’ore. Poi, Sutera sale a bordo di un fuoristrada e si allontana in direzione del bivio Miccina. Maranzano e Sciarabba si incamminano verso Palermo. Cosa c’era di tanto importante da discutere?

A questo punto facciamo un passo indietro di cinque giorni. Contrada Pandolfina, nelle campagne agrigentine di Sambuca di Sicilia. Sono le 13,49 dell’11 giugno 2012. Un uomo si muove tra i vigneti. Entra in un casolare. Tre minuti dopo esce e si sposta in una zona ombrosa. Si siede e tira fuori un pizzino dalla tasca. Quell’uomo, ancora una volta, è Leo Sutera. Quel pizzino, ne sono convinti gli investigatori, lo ha scritto Matteo Messina Denaro. Sarebbe la conferma che i contatti fra i palermitani e gli agrigentini sarebbero voluti dal capomafia di Castelvetrano?

Il 3 novembre 2011 c’è un’altra riunione fra Sutera, Sciarabba e Maranzano. I palermitani vengono prelevati da un soggetto al bivio Cavallaro lungo la strada a scorrimento veloce Palermo-Sciacca. Destinazione: ancora una volta il casolare di contrada Miccina. Storie di incontri avvenuti e di altri saltati. Come quelli del 7 dicembre 2011 e del 13 febbraio 2012. La prima volta qualcuno preleva Sutera nella sua sua abitazione per accompagnarlo in contrada Miccina. La seconda, in contrada Cavallaro. In entrambi i casi Sutera aspetta, invano, per più di un’ora l’arrivo di qualcuno. Poi, innervosito, sale in macchina e si lascia andare ad alcuni commenti non proprio pacati. È stanco di farsi dare buca dai palermitani. Da due mesi aspetta un incontro che puntualmente salta. È la conferma, secondo i carabinieri del Ros, che anche il 7 dicembre Sutera dovesse incontrare i palermitani.

Nella serie di incontri spuntavano figure di alcuni personaggi allora non ancora identificati che avrebbero curato la fase logistica degli appuntamenti. E sono loro oggi a finire in cella. Resta agli atti di quella stagione anche lo scontro fra il procuratore aggiunto Teresa Principato e i carabinieri del Ros da una parte e l’allora procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, dall’altra: i primi erano convinti che seguendo Sutera si potesse arrivare a Messina Denaro. L’arresto del mafioso di Sambuca avrebbe bruciato una possibile pista.

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01 Aprile 2016, 10:20

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