22 Ottobre 2009, 09:56
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(di Mimmo Trovato – ANSA). A Catania c’era il rischio imminente di una nuova guerra di mafia, con un gruppo di ‘giovani leoni’ alla conquista, anche con una serie di omicidi, degli spazi lasciati vuoti dalle cosche storiche di Cosa nostra. E’ il pericolo che la procura della Repubblica etnea ritiene di avere sventato con i 50 fermi eseguiti dalla squadra mobile di Catania che ha sgominato i vertici del clan dei Cursoti legati al boss ergastolano detenuto Salvatore Cappello.
I magistrati della Dda hanno chiesto anche l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di altri 20 indagati già detenuti per altra causa. La cosca, sostiene l’accusa, poteva contare su un gruppo di giovanissimi sicari bene armati e pronti a intervenire a ogni emergenza. Gli stessi, probabilmente, che le telecamere della polizia inquadrano mentre a bordo di numerosi scooter ‘scortano’ il presunto reggente della cosca, Giovanni Colombrita, di 51 anni, che è tra i fermati.
Le indagini erano state avviate nel 2008 dopo la scarcerazione dei vertici del gruppo dei Cursoti che sul territorio, anche con una sorta di ‘campagna acquisti’ spregiudicata di frange di esponenti importanti della ‘famiglia’ Santapaola, ha aumentato il consenso criminale e esteso il suo dominio in rioni popolari come Librino, Monte Po e Villaggio Sant’Agata, una volta domini incontrastati di Cosa nostra. Una crescita conquistata, secondo quanto emerso dalle indagini della squadra mobile, grazie ai proventi del traffico di droga visto che il clan dei Cursoti è diventato il primo per capacità di approvvigionamento di stupefacenti a Catania. Un giro di soldi vorticoso che permette di pagare ‘stipendi’ più alti ai ‘carusi’ rispetto alla cosca rivale e di creare un’affiliazione sentita e un esercito agguerrito e fedele, pronto a sparare per uccidere.
Tanti soldi da potersi permettere anche di avere a disposizione due esponenti delle forze dell’ordine che passavano loro informazioni: uno direttamente sulle inchieste, ed è stato fermato dopo che le telecamere lo hanno ripreso mentre consegnava appunti e dava indicazioni alla cosca Cappello; l’altro, di un Corpo diverso, che è soltanto indagato, e che avrebbe invece avuto un ruolo di messaggero. Cosa nostra a Catania è stata decimata da inchieste della Procura e blitz delle forze dell’ordine a Catania che le hanno inferto un colpo decisivo, almeno al suo ‘braccio armato’ ma non a quello economico che rimane ancora forte e presente. L’ultimo é arrivato l’8 ottobre scorso con l’arresto da parte dei carabinieri del superlatitante Santo La Causa e sette presunti boss di Cosa nostra e di un fiancheggiatore. Le intercettazioni successive a quell’operazione hanno evidenziato la capacità organizzativa dei Cursoti che avevano deciso di compiere un duplice omicidio dimostrativo. La polizia ha saputo tutto del piano, compreso giorno e orario, e ha fatto in modo che i due obiettivi dei sicari sapessero e non uscissero di casa, salvandogli così probabilmente la vita. “Agli atti dell’inchiesta – rivela il procuratore capo di Catania, Vincenzo D’Agata – ci sono videoregistrazioni e intercettazioni che dimostrano che il gruppo stava preparando diverse azioni criminali eclatanti per aumentare il proprio ‘peso’ in città. Si è reso così necessario un intervento urgente per evitare che venissero commessi reati gravi”. “Soddisfazione per la brillante operazione di polizia”, coordinata dal procuratore aggiunto Michelangelo Patané e dai sostituti Giovannella Scaminaci, Francesco Testa e Pasquale Pacifico, è stata espressa da esponenti politici dei diversi schieramenti e da rappresentanti di Istituzioni e Enti.
Agenti della polizia di Stato di Catania hanno eseguito fermi per associazione mafiosa nei confronti di 50 presunti appartenenti alle cosche Cappello e Santapaola, che sono gruppi tra loro contrapposti. Il provvedimento, emesso dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica etnea ed eseguito dalla squadra mobile della Questura, sarebbe stato adottato per bloccare sul nascere una possibile sanguinosa faida mafiosa tra i due clan che si contendono la gestione degli affari criminali a Catania e provincia.
Secondo quanto si è appreso, la maggior parte dei fermati sarebbero legati al gruppo dei Cursoti del boss detenuto ergastolano Salvatore Cappello che sarebbe diventato egemone nel capoluogo etneo. L’8 ottobre scorso un’operazione della Procura ha interrotto un summit dei vertici di Cosa nostra etnea, che si erano riuniti sotto la guida del superlatitante Santo La Causa, per stabilire che tipo di ‘risposta’ dare all”espansione del clan Cappello. Le indagini della squadra mobile sono coordinate dal procuratore Vincenzo D’Agata e dai sostituti Giovannella Scaminaci, Francesco Testa e Pasquale Pacifico.
Settanta gli indagati
Sono settanta complessivamente le persone indagate per la faida mafiosa a Catania. Oltre ai 50 fermi, la Procura della Repubblica etnea ha chiesto al Gip di emettere un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di altri 20 presunti appartenenti alla cosca Cappello già detenuti per altra causa. Per tutti l’ipotesi di reato è di associazione mafiosa. Secondo l’accusa farebbero parte del gruppo di ‘giovani leoni’ legati al clan dei Cursoti che stavano per prendere il sopravvento sui storici gruppi di Cosa nostra, legati alle ‘famiglie’ Santapaola, Ercolano e Laudani. Per questo la cosca emergente aveva progettato degli omicidi di esponenti del gruppo rivale. Piani intercettati dalla polizia di Stato che hanno fatto scattare i provvedimenti di fermo disposti dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura di Catania “per gravi motivi di ordine pubblico”.
Sventata una faida
L’accelerazione da parte della Procura di Catania nell’inchiesta sulla faida di mafia nel capoluogo etneo, sarebbe arrivata dopo la notizia dell’esistenza di un piano per commettere un duplice omicidio che stava per passare alla fase realizzativa. La squadra mobile della Questura aveva acquisito notizie certe sull’agguato individuando esecutori materiali, armi da usare, la data e anche l’orario quando sarebbe stato messo in atto. Per questo la polizia avrebbe fatto sapere del progetto criminale, in maniera informale, agli obiettivi dei sicari e il giorno fissato i due esponenti del clan Santapaola sarebbero rimasti a casa. Particolari sull’inchiesta saranno resi noti durante una conferenza stampa che il procuratore della Repubblica di Catania, Vincenzo D’Agata, terrà alle 10.30 nella sala conferenza della Procura.
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